TANTI AUGURI DOTTOR JUNG!
- riccigianfranco199
- 27 lug 2023
- Tempo di lettura: 3 min
Il 26 luglio 1875, a Kesswill, piccolo villaggio del cantone svizzero Turgovia, nasceva Carl Gustav Jung.

Figlio di Paul Achilles Jung (1842-1896), teologo e pastore protestante, e di Emilie Preiswerk, Jung si avvicinò allo studio della psiche sotto la guida di Eugen Bleuer, direttore dell’istituto psichiatrico di Zurigo, il Burghölzli.
Il primo incontro di Jung con la follia è quindi avvenuto con il trattamento della schizofrenia.
Nel corso della sua lunga vita (Jung morirà oltre gli 85 anni, nel 1961), Jung ha esplorato molti campi del sapere: la religione, la mitologia, l’antropologia, l’esoterismo, la cultura popolare e quella dei popoli primitivi.
Fondamentale è stato il suo incontro con Freud, avvenuto dopo un lungo scambio epistolare, nel 1907. Freud volle che Jung fosse il primo presidente dell’Associazione Internazionale di Psicoanalisi.
A Jung si deve uno dei tre fondamentali pilastri della formazione analitica: fu Jung infatti a suggerire a Freud che chiunque volesse divenire psicoanalista dovesse prima sottoporsi ad un’approfondita analisi personale. Da allora, questo principio non è mai stato messo in discussione.
Alla fine, le diverse visioni teoriche e le divisioni umane ebbero il sopravvento: il rapporto tra Jung e Freud si interruppe in modo brusco e duro, come abbiamo raccontato in questo articolo.

La celebre foto di Jung e Freud negli Stati Uniti, ospiti di Hall
Come sottolinea Luigi Zoja, uno dei massimi studiosi della psicologia analitica, per Jung:
“Conoscere voleva dire sperimentare di persona. Produrre non è psicologia: non è ancora niente… Data la vastissima cultura di Jung, non possiamo escludere che raccomandare un'analisi per il futuro analista derivi anche da un umanesimo che risale fino a Platone, il quale in Repubblica dice: “i medici (…) sarebbero veramente perfetti, se fin da fanciulli, oltre che apprendere la loro arte (...) potessero contrarre ogni sorta di malattia. In effetti, io credo, non è col corpo che si curano i corpi ma con l'anima”
(Tratto da Aniela Jaffé, “In dialogo con Carl Gustav Jung”, pag.10)
Jung si è a lungo investigato, come molti analisti della prima generazione, sul rapporto tra l’uomo e la nevrosi; per Jung:
“Se non si accetta il proprio destino, al suo posto subentra un'altra sofferenza: si sviluppa una nevrosi e ritengo che la vita che dobbiamo vivere sia meno peggio di una nevrosi.
Se proprio devo soffrire, che sia almeno della mia realtà. Una nevrosi è molto più dannata!
In generale è una difficoltà pretestuosa, una speranza inconscia di ingannare la vita, di eludere qualcosa.
Non si può fare nulla di più, che vivere quel che si è. E in noi sono presenti elementi opposti e contraddittori.
Dopo molte riflessioni sono giunto a questa conclusione: è meglio vivere quel che si è e accettare le difficoltà che ci attendono perché sfuggirvi è molto peggio.
Oggi posso dire: sono rimasto fedele a me stesso, ho fatto quel che potevo secondo scienza e coscienza. Se sia stato giusto o meno, questo non lo so”.
Per approfondire:
- Carl Gustav Jung: Sogni, ricordi, riflessioni;
-Aniela Jaffé: In dialogo con Carl Gustav Jung.
Luigi Zoja pone l’accento sulla dimensione “personale” dell’insegnamento di Jung. Al di là di ogni astrazione teorica, il valore dell’esperienza di Jung sarebbe nel suo essere stato un “Maestro”.

Luigi Zoja
Con “Maestro” Zoja intende l’attitudine verso “ciò che accade non nel mondo intellettuale o accademico, ma nella psiche di ognuno. Inevitabilmente , l'organo per esplorare questo campo era la sua mente: nessuno può descrivere, dall'interno e completamente, il funzionamento psichico altrui. Jung voleva trasmettere questo, non un pensiero distaccabile dalla mente che in origine lo ha pensato”.
Non a caso, la psicologia analitica riflette, nelle sue diverse declinazioni, lo stile particolare di Jung, la sua cultura eclettica ed europea: mitologia, antropologia, esoterismo, psicologia e religione si mescolano in una sintesi originale e unica, personale.

Molti hanno fatto proprie le categorie e i concetti junghiani, imitando il Maestro.
Lacan, negli ultimi anni del suo insegnamento, era solito ripetere: “Fate come me, non imitatemi”.
Possiamo estendere questo messaggio a qualsiasi allievo che rifletta sul ruolo del proprio Maestro.
Come Sottolinea Recalcati, la vera lezione di un Maestro consiste nella testimonianza del proprio particolare rapporto di desiderio con il sapere.

Non si tratta di porre l’attenzione sulla completezza, sulla dimensione accademica o scientifica del sapere, bensì di fare tesoro del modo, unico, di avere un rapporto con il proprio desiderio, di renderlo generativo e capace di dare valore alla vita.
A Jung si deve un'attenta riflessione sul ruolo del transfert nella terapia, come abbiamo sottolineato in questo articolo.
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