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JUNG TERAPEUTA

Carl Gustav Jung è stato uno dei pionieri della Psicoanalisi. Allievo prediletto di Freud, è stato a lungo considerato il suo “delfino” e successore alla guida del movimento psicoanalitico. Se Freud aveva dato inizio alla propria indagine sulla psiche studiando la nevrosi isterica, Jung era invece profondamente affascinato dalla psicosi.


Fin da giovane, Jung ha manifestato una personalità carismatica, imponendosi rapidamente come un punto di riferimento in ambito psichiatrico e psicoanalitico.


Jung insieme alla moglie, Emma


A seguito della rottura con Freud, Jung ha attraversato una fase di profonda crisi personale. La sua identità di ricercatore e di terapeuta era funestata dalla fine del rapporto con il proprio padre – maestro Freud. Jung ha scelto di lasciarsi alle spalle la teoria di Freud, per seguire il proprio intuito di clinico e di ricercatore.


Abbiamo approfondito le dinamiche della rottura tra Freud e Jung in questo articolo.


Sigmund Freud e Carl Gustav Jung


Jung ha raccontato nel dettaglio il travaglio di quegli anni:


“Gli anni più importanti della mia vita furono quelli in cui inseguivo le mie immagini interiori. In quegli anni si decise tutto ciò che era essenziale; tutto cominciò allora.


I dettagli posteriori sono solo complementi e chiarificazione del materiale che scaturì dall'inconscio. Mi ci sono voluti praticamente 45 anni per distillarne dall’alambicco del mio lavoro scientifico le cose che sperimentai allora.


Da giovane, la mia meta era di fare qualcosa nella mia scienza. Ma poi fu travolto da questo torrente di lava, e il suo fuoco diede nuova forma e nuovo ordine alla mia vita. Quelle prime fantasie e quei primi sogni furono per me come magma fuso da cui si cristallizzò la pietra che potei scolpire.”


Jung attraversò un periodo di completo isolamento scientifico e professionale; abbandonato il “porto sicuro” della psicoanalisi freudiana, era necessario fondare su basi nuove la sua teoria.

A questo fine, Jung approfondì la sua giovanile passione per i miti, le religioni e l’antropologia.


Abbiamo approfondito questo momento di crisi di Jung in questo articolo.



Dalla sua opera e dai suoi scritti è nata una nuova teoria, chiamata “psicologia analitica” o “psicologia complessa”.

Jung era consapevole del ruolo centrale delle proprie esperienze nella costruzione della propria personalità come terapeuta.


Il suo motto era infatti “ARS TOTUM REQUIRIT HOMINEM”.


Jung afferma:

“Non si può curare una malattia con qualsiasi mezzo, ma per la psico nevrosi il solo principio valido è che la loro cura sia psichica. Esiste in proposito una infinità di metodi, regole, prescrizione, opinioni e dottrine; la cosa sorprendente è che qualunque procedimento terapeutico può raggiungere il successo auspicato in qualunque nevrosi.


Le diverse dottrine psicoterapeutiche che destano tanto scalpore non hanno poi, tutto sommato, grande importanza. Ogni psicoterapeuta capace sfiora, coscientemente o incoscientemente, anche tutti quei registri che non fanno parte della sua teoria.


Potrà ricorrere dalla suggestione alla quale è, in principio, ostile. Non ha senso evitare il punto di vista freudiano, adleriano, o qualsiasi altra concezione. Ogni psicoterapeuta non ha il suo metodo: è egli stesso quel metodo.”


Il successo della terapia non sarebbe possibile con il semplice e meccanico ricorso alla teoria: è invece il terapeuta lo strumento stesso del trattamento. La concezione di Jung, come già Freud aveva colto, pone al centro la formazione personale dell’analista; in tale ottica, è l’analisi personale a svolgere un ruolo determinante.


Per Jung “Le teorie sono inevitabili, ma come meri sussidi. Se sono elevate a dogmi,virgola dimostrano che è stato represso un dubbio interiore”.


La teoria non deve divenire uno scudo dietro al quale il terapeuta nasconde le proprie insicurezze o le proprie ferite; la teoria diviene utile quando è possibile “metterla da parte” per reinventarla con ogni nuovo paziente.


Per Jung i quattro capisaldi della formazione dello psicoanalista sono: la maturazione di una funzione conoscitiva e terapeutica tramite l’immagine e i simboli, la capacità di utilizzare la potenza espressiva del gioco e del gesto, la capacità di rielaborare in modo personale i contenuti collettivi della società e degli archetipi, tramite il lavoro personale sul mito.


Jung sottolineava infatti la necessità di individuare un proprio mito personale, attraverso il quale compiere il processo personale di individuazione. La costruzione del mito, per Jung, era necessario per mobilitare, nella personalità dello psicoanalista, le forze psichiche inconsce veicolate dagli archetipi dell’inconscio collettivo.


Per approfondire:

-Carl Gustav Jung – L’inconscio;

-Carl Gustav Jung – Psicologia e religione;

-Romano Màdera - Carl Gustav Jung.



L’opera di Jung è un potente esempio di una ricerca di frontiera, per la quale non è possibile fare ricorso a punti fermi, teorici o metodologici. Nel corso della sua lunga vita, Jung ha avuto il coraggio di assumere in prima persona il peso e la responsabilità delle immagini provenienti dal proprio inconscio.


Possiamo quindi considerare come contigue tanto la vita quanto l’opera di Jung, frutto di una medesima trasformazione alchemica: la teoria è quindi inscindibile dalla vita e dalla personalità del suo creatore, spingendo ciascuno a reinventare la teoria, facendone un uso creativo al di là di ogni dogmatismo.


Anzi, per lo stesso Jung il dogmatismo era la principale minaccia alla sopravvivenza della psicologia e della psicoanalisi: l’applicazione rigida, impersonale e tecnica, della teoria rischia di spezzarne il vitale collegamento con l’inconscio.


In sostanza, non vi è esperienza o pratica della psicoanalisi senza la persona del terapeuta, senza aver attraversato i proprio fantasmi inconsci.

 
 
 

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