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IL MITO DI IFIDE, UN MITO "TRANS"

Nelle “Metamorfosi”, Ovidio racconta il mito di Ifide.

Secondo il mito, Ligdo, uomo cretese povero ma libero, aspettava un figlio dalla moglie Teletusa.


L’uomo, timoroso per il futuro, disse alla moglie di desiderare un figlio maschio; nel caso fosse nata una bambina, Ligdo l’avrebbe uccisa.

Teletusa, disperata, cercò di dissuadere il marito, senza successo. La notte del parto, a Teletusa apparve la dea Io, insieme ad altre divinità femminili; la dea rassicurò la futura madre:

Busto di Publio Ovidio Nasone (Sulmona, 43 a.C. - Tomi, 17 o 18 d.C.)


“O tu, che mi sei devota, smetti di preoccuparti ed eludi l'ordine di tuo marito. Quando Lucina t'avrà sgravato, non esitare: accogli come tuo chi nascerà. Io sono una dea pietosa e a chi m'invoca vengo in aiuto: non potrai dire d'aver pregato una divinità ingrata.”


Nacque una femmina, ma il padre venne ingannato, facendogli credere che fosse nato invece un maschio. Ligdo, ringraziando gli dei per aver avuto il desiderato figlio maschio, gli diede il nome del nonno, “Ifide”.


Teletusa accettò con piacere quel nome, adatto sia agli uomini che alle donne, “senza creare inganni” almeno sul nome, sottolinea Ovidio.


Così, la menzogna rimase nascosta per anni: Ifide venne cresciuto come un maschio, fino a quando, a 13 anni, gli venne promessa in sposa la bellissima Iante. Tra i due nacque subito un amore forte e profondo.


Ma Ifide è disperata: “Non spasima giovenca per giovenca, né cavalla per cavalla; ma pecora per l'ariete, cerva per il suo cervo. Così s'accoppiano anche gli uccelli, e fra tutti gli animali non v'è femmina che sia travolta da delirio per altra femmina.”


Travolta dalla sofferenza, Ifide arriva ad augurarsi l’intervento del geniale Dedalo, costruttore del celebre labirinto e padre di Icaro, perché possa, col suo ingegno, trasformare il suo corpo o quello dell’amata.

Quella di Ifide appare una situazione senza vie d’uscita:


“Donna sei nata: convinciti, se non vuoi ingannare te stessa, e aspira a ciò che è lecito, ama quel che deve amare una donna. È la speranza che affascina, è la speranza a nutrire l'amore. Ma a te la realtà la nega.”

Pompei, affresco che raffigura la dea Iside ed Io


Teletusa, spaventata dal dolore delle due giovani e da oscuri presagi, cercò in ogni modo di rinviare continuamente le nozze, trovando volta per volta espedienti diversi, adducendo visioni e pretesti.

Infine, la madre si rivolse alla dea Iside: la dea, spinta a compassione dal dolore di Teletusa e di Ifide, trasformò la giovane in uomo.

Così, il giorno seguente fu finalmente possibile celebrare le nozze, con le benedizioni e la partecipazione degli dei.


Stampa dell'incisore Bauer: Ifide è trasformata in uomo da Iside nel suo tempio


Il mito di Ifide è uno dei pochi episodi nei quali è presente il tema, delicato e attuale, del transessualismo.

Il padre di Ifide desidera un maschio, ma lei nasce femmina. Cresciuta come un maschio, verrà trasformata in uomo dalla dea Iside per poter sposare l’amata Iante.

Al centro del mito è il rapporto di Ifide (e di chi la circonda) con il corpo: un corpo che si sottrae ad ogni desiderio di controllo e possesso. Sia Ligdo che Ifide vorrebbero il corpo della giovane fosse diverso, conforme al proprio desiderio. Ma il corpo “non si sceglie”, lo si ha.

È l’intervento divino a rendere possibile l’armonia tra il corpo e il desiderio.


Il mito mostra la dimensione “non naturale” del rapporto tra il corpo e chi lo possiede, la non corrispondenza tra corpo, soggetto e identità. Il corpo appare sempre come Altro, diverso dalle aspettative dei genitori, diverso dal desiderio di chi lo abita.


Una delle possibili risposte al trauma di un corpo difforme è la volontà di modificare il corpo, di renderlo affine al proprio desiderio e al proprio vissuto. Il voler modificare il proprio corpo, come evidente, non è una questione che attiene solo al transessualismo, divenendo quindi una cifra strutturale del rapporto tra corpo e soggetto.


Judith Butler ha sottolineato la dimensione “performativa” del corpo: il corpo svolge delle funzioni ed è il mezzo per compiere azioni, realizzare intenzioni e desideri. È quindi un corpo che nella sua azione “serve per qualcosa”, per fare qualcosa.

Nel mito questo tema è presente: finché non è emersa il tema dell’unione di Ifide con Iante, il percorso di Ifide è stato lineare: il gioco, lo studio, il rapporto con gli altri… La crisi emerge nel momento in cui Ifide si trova nell’impossibilità di unirsi a Iante “come uomo”.


Nel mito emerge con forza quanto Butler osserva: “La differenza sessuale non è una descrizione, ma una prescrizione: è una regola che assegna i posti, un algoritmo di smistamento.”

Ifide, in quanto fisicamente femmina, non può occupare il posto del marito. Questo accade perché nella sua società non è previsto e permesso. E lei per prima si condanna per quanto invece desidera.


Per Butler non esiste un’essenza del maschile o del femminile: in gioco vi è invece il complesso intreccio tra politica, cultura, valori e linguaggio nel loro rapporto col corpo e con la biologia, che non sarebbe mai “neutra”, ma piuttosto “biopolitica”.


Per Butler, “L’identità sessuale non è un fatto compiuto ma un ininterrotto fare.” “Uomo” e “donna” non sarebbero quindi da intendere come sostantivi, ma piuttosto come avverbi.


Troviamo una posizione simile nella psicoanalisi di Lacan per quanto riguarda il godimento: potremmo infatti evidenziare come la posizione maschile e quella femminile, “fare l’uomo” e “fare la donna”, lungi dal rappresentare una questione di “corpi”, rappresenti piuttosto un certo modo di rapportarsi con il godimento, con quanto della pulsione attraversa e rende vitali i corpi.


Per approfondire:

-Ovidio, Le Metamorfosi;

-Redaelli, Judith Butler;

-Leguil, L’essere e il genere


Per Butler la questione del genere va intesa come “differenza”, barra e discontinuità: ogni definizione del genere infatti è inevitabilmente fluttuante, soggetta ad un’instabilità che si sottrae ad ogni rigido determinismo.


Anzi, la dimensione del sesso e della sessualità richiederebbe a ciascuno di declinare in modo personale ed unico il proprio “essere sessuato”, cioè il rapporto con un corpo sessuale e animato dalla pulsione e dal desiderio.


Una risposta che implica una dimensione di “assemblaggio” che si sottrae ad ogni riduzionismo biologista, ideologico o culturale.

Come sottolinea la Butler: “il punto non è che io sono una collezione di identità; io piuttosto sono un'assemblea generale, o un assemblaggio. ma questo vale per ogni identità, per ogni forma.”


Per questo è possibile intendere la questione del genere dal punto di vista della costante costruzione, ridefinizione di spazi, immagini, atti e performance.


La questione del taglio è centrale già nella definizione di “sesso”, dal latino “sexus”, che letteralmente significa “separazione”. Una differenza, una separazione che nel momento in cui si manifesta influenza il campo su cui esercita il suo effetto, portando ad una certa articolazione della legge e della sessualità.


Come sottolinea Redaelli: “Il taglio è sempre anche una mutilazione. ma il taglio non è mai compiuto una volta per tutte. ogni volta che si impone, ogni regolamentazione dei sessi della sessualità, ogni forma di sapere potere in cui la differenza si traduce, deve anche essere ripetuta perché possa permanere nel tempo.”


Abbiamo approfondito il rapporto tra sesso e genere nella psicoanalisi in questo articolo.

Inoltre, è disponibile un secondo approfondimento qui

 
 
 

1件のコメント


rom057743
2月06日

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