VENUS AETERNA
- riccigianfranco199
- 17 dic 2023
- Tempo di lettura: 3 min
“Se una donna è Venere è Venere sempre.” (Jago)
L’opera di Jago (2018), intitolata “Venere”, getta una luce provocatoria su un tabù: la vecchiaia e la sua dignità, confinata ai margini della società contemporanea.
L’anziano è nascosto, considerato un peso, isolato. Jago invece ripropone l’iconografia classica della Venere, con un richiamo esplicito alla Venere di Botticelli, in una chiave inedita: la sua Venere è infatti una donna anziana, che, con un gesto ad un sol tempo composto e dignitoso, proprio come le altre "Venus"della Classicità e della storia dell’arte, protegge il proprio corpo dallo sguardo dell’osservatore.
Anche la Psicoanalisi ha approcciato con una certa fatica il tema della vecchiaia.
Come ha osservato Freud: “non c’è nessuno che in fondo crede alla propria morte, o, detto in altre parole, nel suo inconscio ognuno di noi è convinto della propria immortalità”
(Lutto e melanconia, 1915).
Proprio il timore della morte sorregge una rimozione generale che vede nell’anziano uno scomodo testimone dello scorrere del tempo. L’emergere della fatica, della fatica e del declino del corpo segnerebbe l’inizio di una parabola discendente carica di sofferenza, difficile da elaborare.
Una sorta di lutto anticipato, di prefigurazione dell’inevitabilità della fine.
Una delle letture più interessanti è offerta da Carl Gustav Jung, nella contrapposizione tra gli archetipi del “Puer” e del “Senex”, altrimenti chiamato “Anziano saggio”.
Presenti entrambi sullo sfondo dell’inconscio collettivo, i due archetipi si manifesterebbero con contenuti e dinamiche complementari tra loro. Nel “Puer” Jung rintraccia lo spirito vitalistico, la spinta alla soddisfazione e all’immediatezza, il rifiuto del limite e delle regole.
Nel “Senex” invece affonderebbero le radici della conservazione, della progettualità e del rigore.
La prevalenza di uno dei due segnerebbe uno squilibrio inconscio, con l’incapacità di fare ricorso alle risorse, entrambe necessarie, dei due archetipi.
In una chiave freudiana, nella vecchiaia viene intravisto il declino del rapporto dell’uomo con la pulsione e con il desiderio; tuttavia, è importante sottolineare quanto non sia il mero declino fisico il responsabile della rovina di questa “alleanza”: il rapporto con il desiderio è una questione centrale nella soggettività lungo tutta la vita.
Il desiderio nulla ha a che fare con l’aspetto fisico: si tratta di rintracciare invece cosa per noi occupa il posto di (a), l’oggetto causa del desiderio. Ne è un esempio paradigmatico Socrate: tanto ripugnante nelle sue fattezze, quanto capace di accendere il desiderio nei suoi allievi. Lo aveva notato Lacan: il “sileno”, creatura mitica di rara bruttezza, attributo di Socrate, era anche il nome di un portagioie, capace di custodire dentro di sé i gioielli più belli e preziosi. Così Socrate era per i suoi allievi.
Non a caso, proprio sotto questa luce diviene più chiaro il monito di Jago: “Se una donna è Venere, è Venere sempre”. Così il nostro essere soggetti capaci di desiderio non dipende meramente da fattori esterni, ma dal nostro particolare desiderio con quanto ci anima.
Per approfondire:
-James Hillman: Senex e Puer
-Corsa, Fattori e Vandi: Vecchiaia e psicoanalisi

Jago, Venere (2018)
Il tema della vecchiaia è di grande valore anche nella clinica della psicoanalisi: c’è un’età-limite per iniziare un’analisi?
Maurizio Balsamo sottolinea come non sia davvero possibile associare l’analisi ad una certa età: in ogni contesto l’analisi permette di mobilitare quel potenziale che il soggetto ancora non ha fatto emergere, facendo sì che possa divenire disponibile.

L’analisi infatti permette al soggetto, di qualsiasi età, di riavvolgere il filo della propria storia, così da rendere possibile una torsione alle proprie questioni: il motore di questo processo è essenzialmente il desiderio di sapere che anima chi domanda un’analisi, non la sua età.
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