LETTERA DI JACQUES LACAN AD ANDRÉ GREEN
- riccigianfranco199
- 3 giorni fa
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 6 ore fa
“Caro collega,
Ho letto con attenzione le sue obiezioni, rivestite dell’affetto che lei considera irriducibile alla catena significante. Apprezzo che mi prenda sul serio, anche se non sempre mi legge alla lettera — proprio lì dove si gioca qualcosa del soggetto.
Lei si preoccupa per quella che chiama una “perdita dell’oggetto”, eppure ciò che ho cercato di mostrare non è la perdita, ma la funzione: l’oggetto non si rappresenta, causa.
Dire che l’inconscio è strutturato come un linguaggio non è, come lei sembra suggerire, una metafora, né un’esclusione dell’affetto o del corpo.
È affermare che la struttura del soggetto si fonda sul taglio, sull’effetto del significante. Ciò che Freud — quel Freud che lei rivendica — chiama rappresentazione-rappresentante non si sostiene senza il quadro di quella che ho chiamato la catena significante. Non c’è inconscio senza significante, e non c’è soggetto senza barratura.
Lei cerca nell’economia libidica la garanzia di una verità dell’affetto.
Io, da parte mia, le risponderò che l’affetto inganna — eccetto l’angoscia, che non mente. Perché ciò che non inganna è il luogo dove l’oggetto appare, non come presenza, ma come resto. Lei vuole preservare la topica, io la attraverso per mostrarne il nodo: il soggetto diviso ($), l’oggetto a e il taglio del significante.
Parliamo dell’oggetto: lei crede che io lo perda, quando invece lo iscrivo proprio come perdita. L’oggetto a non è l’oggetto della percezione né della rappresentazione. È il buco nel simbolico attraverso cui passa il desiderio.
È ciò di cui il fantasma ($ ◊ a) fa il suo montaggio.
Riguardo alla pulsione, che lei desidera restaurare nel suo “destino energetico”, le ricordo che lo stesso Freud — e io mi limito a seguire la sua lettera — alla fine del suo insegnamento non può articolarla se non in relazione al linguaggio: “Ein Kind wird geschlagen” (“Un bambino viene picchiato” ndr).
Qui, ogni versione del fantasma è una permutazione significante. Dove sta, dunque, l’energetico, se non nella struttura che ne permette la ripetizione?
Lei si aggrappa all’Io, all’unità conflittuale. Ma il soggetto non è l’Io.
Il soggetto non è colui che si rappresenta, ma colui che si rappresenta per un altro significante. Tutto ciò che lei vuole reintegrare — affetti, topica, filogenesi — sono resti di una nostalgia del tutto, quando ciò che la psicoanalisi ci insegna è che non c’è rapporto sessuale, che il soggetto è diviso e che la mancanza non si colma, si bordeggia.
Lei reclama la rappresentazione della cosa, io le offro il suo bordo. Reclama il corpo, io le do il godimento (jouissance) che non si lascia ridurre al senso. Mi accusa di totalitarismo, eppure io non fondo una scuola: fondo un’etica.
Un’etica del desiderio, che non si regola sull’ideale, ma sull’atto.
Il simbolico non è la negazione dell’affetto, ma la sua possibilità. Il reale non è l’affettivo, ma ciò che non si può dire. E l’immaginario, quello con cui lei sembra identificarsi, è il miraggio del senso.
Lei mi rimprovera di prestare più attenzione alla lettera che allo spirito. Ma le risponderò con Freud: “dove esso era, io devo avvenire”. E come, se non attraverso la lettera?
Riceva la testimonianza della mia distanza,
Jacques Lacan”

Questa lettera di Jacques Lacan per André Green rappresenta uno degli scambi intellettuali più significativi e complessi nella storia della psicoanalisi post-freudiana.
Perché? In che contesto trova posto questa lettera? Di chi parliamo? Chi sono Jacques Lacan ed André Green?
Entrambi sono stati figure di spicco nel panorama psicoanalitico francese: Green e Lacan hanno lavorato nel solco dell’opera di Freud, elaborando concezioni profondamente diverse di aspetti centrali della psicoanalisi, come la questione del soggetto, dell’affetto e della pulsione.
Jacques Lacan, considerato una figura carismatica e controversa, “dominava la scena” con il suo “ritorno a Freud”, proponendo una rilettura strutturalista dell’inconscio basata sul linguaggio e sulla teoria del significante.
André Green, in un primo tempo allievo di Lacan, si formò all’interno della Société Psychanalytique de Paris (SPP), un’istituzione legata alla “Psicologia dell’Io” ortodossa. Tuttavia, Green si distinse per un approccio originale che cercava di integrare la pulsione, l’affetto e le topiche freudiane con un’attenzione clinica al corpo e all’esperienza soggettiva del paziente.
Green, pur riconoscendo l’importanza dell’insegnamento di Lacan, divenne progressivamente uno dei suoi critici, mettendo in discussione ciò che percepiva come un’eccessiva enfasi sul simbolico a scapito dell’affetto e della dimensione pulsionale.
Racconta Green:
“Lacan mi ha insegnato a pensare, a riflettere. Mi separai da lui perché dopo sette anni di conoscenza arrivammo a una sorta di punto di verità… Scelsi di stare all’opposizione della sua maestà. Una volta mi disse: “ho due specie di allievi, gli apostoli e i mandarini. I primi mi seguiranno sempre, dovunque io vada, i secondi avranno sempre nei miei confronti qualcosa di riduttivo”. Compresi che non dovevo diventare uno dei suoi apostoli”.
Entrambi criticavano la “deriva” della psicoanalisi nordamericana, focalizzata sul concetto di Io come centro della psiche a scapito del desiderio e dell’inconscio.
Questa lettera appare una straordinaria sintesi del pensiero di Jacques Lacan; è lo stesso Lacan a passare in rassegna gli aspetti più significativi del cammino teorico e clinico nel campo analitico:
Lacan ricorda la centralità della catena significante, cioè delle parole che il paziente pronuncia in seduta; si tratta del “tessuto” psichico che il paziente offre all’ascolto dell’analista, perché possa con i propri “tagli” operare.
In seguito la lettera si focalizza sullo statuto fondamentale dell’oggetto per Freud: l’oggetto evoca la Cosa, l’oggetto del primo “mitico” soddisfacimento, da sempre perduto e per sempre ricercato, molla del desiderio; per questo, sottolinea Lacan, ogni incontro è segnato da un misto di soddisfazione e di delusione: ciò che incontriamo non è mai davvero quello che cerchiamo!
L’oggetto, sottolinea Lacan, ha un ruolo centrale non solo nella “relazione”, ma anche nella dinamica del desiderio, in quanto “oggetto-causa”, “primo motore immobile” del desiderio.
Lacan è stato spesso accusato di un’eccessiva enfasi sul linguaggio, sul “testo del paziente”: in effetti, molti analisti hanno progressivamente spostato la loro attenzione dalla parola al “preverbale”, al puro “affettivo”; tuttavia, come è facile intuire, questo comporta una dimensione speculativa e proiettiva rischiosissima, basata sull’idea di poter percepire precisamente il vissuto dell’altro (basandosi sul controtransfert). Lacan ricorda quanto in realtà la base di ogni comunicazione umana non sia la comprensione, bensì l’equivoco!
E che dire degli affetti? Lacan ha segnalato lo statuto particolare dell’angoscia, come l’unico affetto che non inganna. Perché? L’angoscia ha a che fare con la presenza dell’oggetto, con l’emergere della Cosa e del desiderio dell’Altro. L’angoscia dice del godimento dell’Altro e del soggetto ridotto ad oggetto di questo godimento.
Lacan evoca il fantasma, il “dispositivo infernale” che lega soggetto (tale in quanto barrato, mancante) e oggetto a (perduto, inseguito dal soggetto), trasformando il godimento in soddisfazione: al centro dell’analisi abbiamo infatti il lavoro sul fantasma inconscio, prima in termini di costruzione poi di attraversamento, per determinare uno “spostamento” dell’economia di godimento del soggetto.
Infine, la lettera verte sul concetto di bordo, da intendersi in senso topologico: il bordo ha a che fare con gli orifizi (il corpo), con la pulsione, con l’oggetto mancante che viene bordato, con la mancanza e il desiderio; in fondo l’analisi e le dinamiche del desiderio sono un “fare i conti” con il bordo, con un vuoto impossibile da saturare bensì da simbolizzare, dando corpo alla mancanza.
Questa lettera costituisce davvero uno spaccato straordinario su un campo del sapere vivace e complesso: lo stesso Lacan ci conduce per mano negli anfratti più significativi della sua teoria, trasmettendo, in poche righe, tutto il valore della sua ricerca psicoanalitica.
Per approfondire:
-André Green – “Il lavoro del negativo”;
-André Green – “Sogno. Riflessioni sulla psicoanalisi contemporanea”;
-Federico Leoni – “Jacques Lacan, l’economia dell’assoluto”.
La storia della psicoanalisi francese è segnata da lotte intestine, divergenze teoriche e politiche, scissioni. Lo stesso Lacan, osteggiato per il suo insegnamento e per la sua pratica, è stato escluso dal ruolo di analista didatta (autorizzato ad analizzare giovani candidati al ruolo di psicoanalista), finendo per lasciare l’Internazionale di Psicoanalisi.
Egli ha quindi dato vita ad una propria Scuola, scuotendo profondamente il panorama psicoanalitico francese. Tuttavia, anche la sua opera di “fondatore di istituzioni” non è stata priva di crisi e di difficoltà, culminate nella “dissoluzione” della Scuola che aveva fondato.
Dalla sua morte, nel 1981, in molti si “contendono l’eredità clinica e teorica di Lacan, dando corpo ad associazioni, Scuole, letture più o meno originali del suo pensiero.
Comentarios