IL MITO DI AMORE E PSICHE
- riccigianfranco199
- 23 lug 2023
- Tempo di lettura: 4 min
Il mito ellenistico di Psiche (dal greco “ψυχή”, spesso tradotto con “anima”) è legato alla figura di Eros (Amore).
Come narrato da Apuleio, scrittore e filosofo romano, ne “Le Metamorfosi”, Psiche era la bellissima figlia del sovrano di un antico regno. La bellezza di Psiche era così folgorante da colpire chiunque la vedesse: molti la confondevano persino con la dea Afrodite.

Jacques-Louis David, "Amore e Psiche"
La dea, offesa dal confronto con una mortale, inviò il figlio Eros per colpire Psiche: la freccia del dio avrebbe dovuto far innamorare Psiche di un essere mostruoso, punendola così della sua bellezza.
Eros, tuttavia, folgorato dalla bellezza di Psiche, sbagliò mira, colpendosi il piede con uno dei suoi dardi: inviato per punire Psiche, finì per innamorarsi della bellissima mortale.
Nel frattempo, un oracolo aveva invitato i genitori di Psiche a condurla su una rupe, dove avrebbe incontrato “non un genero da umana stirpe nato”. Spaventato dal vaticinio, il padre di Psiche scelse di ubbidire all’oracolo.
Il dio Zefiro salvò Psiche, portandola in un palazzo di Eros. Qui, il dio si presentava ogni notte, per unirsi a Psiche ad una condizione: mantenere nascosta la propria identità.
Eros aveva messo in guardia Psiche: sarebbe giunto ogni notte ma lei non avrebbe dovuto né cercare di vederlo né di sapere il suo nome.

Antonio Canova, "Amore e psiche"
Dopo alcuni giorni, spinta dal dubbio e dal desiderio di sapere, Psiche decise di scoprire la verità sul suo amante: armata di una lampada ad olio e di un pugnale, si avvicinò ad Eros addormentato.
Una goccia di olio bollente cadde sul dio, svegliandolo.
Eros, “vista tradita la parola a lei affidata, d'improvviso silenzioso si allontana in volo dai baci e dalle braccia della disperata sposa”.
Disperata, Psiche chiederà aiuto alla dea Afrodite, ricevendo il compito di superare numerose prove per poter ottenere di nuovo l’amore di Eros. Il mito ha un esito felice: Psiche potrà tornare da Eros, divenendo una divinità e generando una figlia, Piacere.
Il mito di Amore e Psiche ha catturato fin dall’antichità il fascino e l’attenzione di artisti, scrittori e poeti. Nel corso dei secoli molti hanno rappresentato gli incontri d’amore tra Eros e Psiche: Canova, Van Dyck, David…

François Gérard, "Amore e Psiche"
Il mito mostra lo stretto legame tra l’amore e il sapere. In particolare, il mito mostra come l’amore sia legato ad un sapere che resta nascosto, celato, “al buio”. Perché ci sia amore, è necessario che il sapere sull’amore resti velato, nascosto, al buio.
Anche la psicoanalisi mostra lo stretto legame tra amore e sapere nel transfert: come sottolinea Lacan, nel transfert vi è un’attribuzione di sapere (un sapere inconscio, ancora non formulato e non saputo) da parte del paziente circa la propria sofferenza verso l’analista.
Si tratta della stessa dinamica presente nell’amore: in gioco vi è l’amante spinto dal desiderio verso l’amato per qualcosa di prezioso che quest’ultimo avrebbe (senza tuttavia sapere davvero di cosa si tratta). Perché si ama?
Quando Psiche scopre la verità sul proprio amante, Eros si allontana, offeso. In effetti, l’emergere del sapere su chi si ama ha spesso l’effetto di spegnere l’amore.
Così, in analisi se l’analista interpreta il transfert rischia di spegnerlo, sottraendo alla cura un formidabile motore del lavoro.
Nella conduzione di una cura analitica, il legame di transfert è uno degli ultimi tasselli da risolvere, perché determina il venir meno del desiderio di sapere, fondamentale leva dell’analisi.
Per approfondire:
-Apuleio – Le metamorfosi
-Sigmund Freud – Dinamiche della traslazione
-Carl Gustav Jung - Psicologia del transfert
-Lacan – Il Seminario, Il Transfert.

Nell’immagine: Statua di età ellenistica di Psiche, conservata al Mann, Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Il mito raccontato da Apuleio, mostra la necessità di mantenere celato il sapere sull’amore.
Anche Lacan, nel descrivere il compito dell’analista, sottolineava la grande difficoltà a cui ciascun analista è chiamato: “tacere l’amore”.
Se l’analizzante è chiamato a dire qualsiasi cosa al proprio analista, l’analista non può, in modo simmetrico, dire qualsiasi cosa.
Ogni parola dell’analista è sottesa alle logiche della conduzione della cura: ogni parola dell’analista deve essere ponderata, soppesata per il suo valore di “atto”.
L’unione tra amore e psiche è descritta da molti come l’unione sovrannaturale tra due dimensioni opposte e complementari: la ragione e il sentimento, il razionale e l’irrazionale, la mente e il cuore.

Antoon van Dyck, "Amore e Psiche"
L’amore, come mostra la psicoanalisi, non è illogico, ma risponde ad un “sapere inconscio”, diverso per ciascuno.
Freud vede nell’amore la ricerca di qualcosa di passato, di perduto e che l’uomo ricerca per tutta la vita: si tratta di una concezione tragica dell’amore, legata alla ripetizione e ad un desiderio irrealizzabile.
Quanto è stato perduto infatti appartiene ad un orizzonte mitico, per cui ogni nuovo incontro sarà una delusione per l’impossibilità di essere esattamente quanto ricerchiamo.
La visione di Freud vede quindi nell’amore una radice profonda, la ripetizione, strettamente connessa ad una logica e alla pulsione.
Lacan riprende la concezione freudiana dell’amore e dell’oggetto perduto, per cogliere cosa accade nel transfert: l’analisi si basa su una sorta di sottile attribuzione di sapere inconscia; l’analista avrebbe un sapere sul paziente, un sapere che il paziente deve ottenere per guarire, per liberarsi della propria sofferenza.
Il lavoro di analisi consiste nel spostare questa domanda di sapere dall’analista all’inconscio: è infatti l’inconscio il depositario di questo sapere ancora non saputo, velato, rimasto nascosto.
L’emergere di questo sapere inconscio costituisce un passaggio fondamentale del processo analitico.
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