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PLATONE E FREUD

La filosofia di Platone è una colonna portante della cultura occidentale. Il suo contributo è così importante che Alfred North Whitehead ha affermato che “tutta la storia della filosofia occidentale non è che una serie di note a margine su Platone”.


Nato in una famiglia aristocratica e allievo prediletto di Socrate, Platone ha dato vita ad una scuola, chiamata “Accademia di Atene”. Al centro del suo insegnamento Platone pone al centro il valore del “logos” e il metodo della dialettica e per questo il suo insegnamento aveva la forma del dibattito e del dialogo.


"La Scuola di Atene", Raffaello Sanzio, 1509-1511


Negli anni dell’Accademia (387-367 a.C.) Platone scrive molti dei dialoghi che lo hanno reso celebre. Tra questi, spiccano il “Fedone” e la “Repubblica”. In questi dialoghi Platone descrive la propria teoria sull’immortalità dell’anima e sulla virtù.


Con il “Mito di Er” il filosofo indica nella “reminiscenza” la forma fondamentale della conoscenza: una volta terminata la vita mortale del corpo, l’anima (immortale) inizia un percorso che la porterà ad incarnarsi in un nuovo corpo mortale.

Dopo aver espiato le proprie colpe e gioito per i propri meriti, l’anima può contemplare le idee perfette nell’iperuranio, per poi dimenticare tutto (il vissuto della vita precedente e le idee perfette) bevendo l’acqua del fiume Amelete.

La condotta adottata nel corso della vita precedente porta al giudizio senza appello delle Moire, che indicano quale destino tocca all’anima; in base alla scelta delle Moire, sarà poi l’anima a vivere (o meno) secondo virtù.


A differenza delle altre anime, le anime dei filosofi berrebbero meno acqua, ricordando più facilmente quanto contemplato.

Su questo dettaglio si basa la dottrina socratica della “reminiscenza” (anamnesi): per il maestro di Socrate ogni forma di conoscenza non sarebbe che un ricordo di quanto conosciuto in precedenza, prima della nascita, quando ha avuto modo di contemplare l’iperuranio.


Questo luogo mitico ha per Platone una struttura precisa: al suo vertice si trova l’idea di Bene; scendendo lungo una sorta di piramide troviamo invece idee sempre più legate al mondo sensibile. Tanto più un’idea è universale, tanto più in alto è collocata. Il rapporto tra le idee e le cose sensibili prevede quattro modalità: la mimesi tra idee ed oggetti (gli oggetti sarebbero copie delle idee), metessi (le cose partecipano all’esistenza delle idee), la parusia (le idee fondano l’essenza delle cose), aitia (le idee sono causa delle cose).



Ritratto di Platone


Il rapporto di mimesi tra idee e cose fonda l’argomento socratico del riconoscimento: l’incontro con le cose sensibili, per questo rapporto di somiglianza con le idee, permette all’anima incarnata in un corpo di recuperare il ricordo di quanto ha visto in passato.


Per Platone quindi il sapere è già “saputo”, da recuperare dopo averlo rimosso. È un sapere che si tratta di trovare e far emergere e che l’anima non riconosce più.


Jacques Lacan ha utilizzato la filosofia di Platone e il “mito di Er” per descrivere due aspetti centrali della Psicoanalisi: il Transfert e il “soggetto supposto sapere”.


Già Freud aveva osservato il ruolo centrale del transfert nella cura: prima visto come un ostacolo, poi come leva fondamentale, con “transfert” si indicano tutti i vissuti che il paziente sperimenta nella cura e nel rapporto con l’analista; l’emergere del transfert rivela come nella cura si ripeta quanto il paziente vive fuori dalla cura.


Il transfert si lega alla domanda che il paziente rivolge all’analista: una domanda di aiuto e di sapere sulla propria sofferenza. Questa domanda è rivolta all’analista perché è ritenuto, consciamente o meno, dal paziente depositario di una verità che lo riguarda. In altre parole, si domanda all’analista perché si ritiene che abbia la risposta.


L’analisi è inaugurata dal transfert e dalla supposizione di sapere: senza questi due ingredienti, non c’è analisi possibile.


L’analista riceve questa domanda e occupa la posizione di “soggetto supposto sapere” ma è fondamentale che sappia orientare la domanda del paziente verso il vero soggetto supposto sapere: l’inconscio del paziente. L’analista infatti opera non come un dotto, che trasmette una conoscenza; la sua funzione è di alimentare l’interrogazione su quello che il paziente non comprende della propria condizione.



Quanto emerge dall’inconscio è un sapere “non saputo” circa la propria storia, che emerge tramite le formazioni dell’inconscio, come i sogni, i lapsus e i sintomi. Si tratta di un sapere che preesiste alla sua articolazione?


La risposta di Platone è che ogni sapere acquisito è in realtà “ritorno dal rimosso” di quanto l’anima ha contemplato. Così in analisi, il sapere inconscio rimosso ritorna tramite l’analisi ad interrogare il paziente.

In entrambi i casi, il sapere emerge nella forma del rimosso, del perduto da articolare nuovamente e da articolare.


L’interpretazione del transfert, sottolinea Lacan, avrebbe proprio questo scopo: offrire una lettura diversa della stessa concatenazione significante.


Per approfondire:

-Platone – Fedone;

-Platone – Repubblica;

-Jacques Lacan – Il Seminario, Libro XV, l’atto psicoanalitico.


Abbiamo parlato della figura di Socrate in questo articolo.

Jacques Lacan


Lacan, nel corso del suo Seminario, sottolinea la necessità di utilizzare con grande parsimonia l’analisi del transfert nella conduzione di una cura: interpretare il transfert del paziente, specie se positivo, avrebbe come diretto effetto di annullare la posizione dell’analista come soggetto supposto sapere.


È nel caso di un transfert eccessivamente negativo che introdurre l’interpretazione potrebbe offrire all’analista la possibilità di “abbassare la temperatura” all’interno della cura.


Per questo, Lacan indica la necessità che l’interpretazione non sia esplicativa o ricostruttiva: interpretare non significa spiegare. Piuttosto è necessario che l’interpretazione abbia una forma aperta, allusiva ed oracolare. Davanti all’interpretazione, il paziente è confrontato con la vertigine di una prospettiva nuova ed imprevista, allo scopo di metterlo al lavoro e non di chiudere la faglia dell’inconscio.


 
 
 

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