LA TORRE DI JUNG
- riccigianfranco199
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Carl Gustav Jung è stato uno dei padri della “psicologia del profondo”, un vero e proprio pioniere dell’esplorazione dell’inconscio.
La sua vita fu interamente dedicata allo studio della psiche attraverso le lenti dell’antropologia, della religione, della letteratura e della mistica. Separatosi da Freud, attraversò una profondissima crisi personale: Jung scelse di “sprofondare negli abissi” della propria psiche per confrontarsi con i propri fantasmi interiori.
Si ritirò sul lago di Zurigo, a Bollingen, per vivere e lavorare in solitudine. Qui iniziò la costruzione di una torre.
Racconta Jung:
“Avevo cominciato la prima torre nel 1923, due mesi dopo la morte di mia madre. Queste date hanno un senso, perché, come vedremo, la Torre è legata ai morti. Fin dal principio sentii la Torre come un luogo, in un certo senso, di maturazione, un grembo materno o una figura materna nella quale potessi diventare ciò che fui, sono e sarò.”
In prima persona, aiutato dal cugino e pochi amici, Jung diede corpo ad un primo edificio: lo psicoanalista attraverso quell’opera cercava di ““dare una qualche rappresentazione in pietra dei miei più interni pensieri e del mio sapere. O, per dirla diversamente, dovevo fare una professione di fede in pietra.”
Nei progetti di Jung la torre doveva essere una sorta di edificio primitivo; negli anni venne arricchita con edifici aggiuntivi, incisioni, immagini scolpite nella roccia.

Nel suo libro di memorie, Jung afferma che la torre “doveva essere una costruzione rotonda, con un focolare al centro e cuccette lungo le pareti. Più o meno avevo in mente una capanna africana, dove il fuoco, circondato da pochi sassi, arde nel mezzo…”
Una delle epigrafi più famose della torre riporta “Vocatus atque non vocatus, Deus aderit”: “invocato o meno, il dio si manifesta”. Con questa massima Jung indicava in modo preciso quanto per il soggetto l’esperienza dell’inconscio e della propria emotività possa prendere due strade: la via consapevole dell’individuazione oppure il subire passivamente l’irruzione dell’inconscio sulla scena della vita.
L’evoluzione psichica di Jung si rifletteva direttamente nell’espansione progressiva del progetto iniziale della torre: “Mi resi conto che dovevo costruire una vera casa a due piani, e non una semplice capanna, accoccolata, per così dire, al suolo”, testimonia Jung.
Scrive Jung:
“Dopo la morte di mia moglie nel 1955, sentii l’intima obbligazione di diventare ciò che sono. Per esprimermi col linguaggio della casa di Bollingen, mi resi conto a un tratto che la piccola sezione centrale, così acquattata, così nascosta fra le due torri, rappresentava me stesso o il mio io. Perciò, in quell’anno stesso, aggiunsi a questa sezione un altro piano. Prima non avrei potuto farlo; l’avrei considerato una presuntuosa ed enfatica affermazione di me stesso; adesso invece rappresentava la superiorità della coscienza raggiunta con la vecchia età. Con ciò, a un anno dalla morte di mia moglie, l’edificio era compiuto. Avevo cominciato la prima torre nel 1923, due mesi dopo la morte di mia madre. Queste date hanno un senso, perché, come vedremo, la Torre è legata ai morti. Fin dal principio sentii la Torre come un luogo, in un certo senso, di maturazione, un grembo materno o una figura materna nella quale potessi diventare ciò che fui, sono e sarò.”
Il lavoro psichico di esplorazione dell’inconscio si accompagna a quello giornaliero di lavoro della pietra e del legno: in continuità con una tradizione che risale fino a Platone, Jung fa i conti con la totalità, insieme psichica e corporea, dell’esperienza di sé.
Prosegue Jung:
“Mi dava la sensazione di essere rinato nella pietra. Mi appariva come un’attuazione di ciò che prima avevo solo intuito e una rappresentazione dell’individuazione, un monumento “aere perenni”.
Questo ha avuto un effetto benefico su di me, come una accettazione di ciò che sono. Naturalmente durante i lavori di costruzione non feci mai queste considerazioni; avevo costruito la casa un po’ per volta, seguendo sempre le concrete esigenze del momento: potrei anche dire di averla costruita in una specie di sogno.
Solo in seguito vidi che cosa era sorto e che era riuscita una figura significativa: un simbolo della totalità psichica. Si era sviluppato come se un vecchio seme fosse germogliato.”
Alla fine della sua vita, lo psicoanalista poteva quindi vedere nella pietra la realizzazione di un progetto più ampio, frutto delle diverse fasi della sua vita.
Conclude Jung:
“Nel 1950 eressi una specie di monumento di pietra per esprimere ciò che la Torre significa per me. […] Mi venne in mente, anzitutto, un verso latino dell’alchimista Arnaldo di Villanova (morto nel 1313). Lo scolpii nella pietra. Tradotto suona così:
Qui sta la comune pietra
Il cui prezzo è assai modesto.
Quanto più è disprezzata dagli stolti,
tanto più è amata dai saggi!”
Per approfondire:
-Carl Gustav Jung – “Ricordi, sogni, riflessioni”;
-Sandra Petrignani – “Carissimo Dottor Jung”;
-Aniela Jaffé – “In dialogo con Carl Gustav Jung”.
Nella torre di Bollingen, ben distante da Villa Jung, lo psicoanalista svizzero riceveva pazienti, colleghi e personalità che venivano a trovarlo.
Qui scrisse gran parte del celebre “Liber Novus”, più conosciuto come “Libro rosso”, cioè la testimonianza della “lotta corpo a corpo” di Jung con le sue immagini interiori.
La torre era arricchita di opere realizzate da Jung stesso e dai busti di Nietzsche e di Voltaire, due tra gli intellettuali di riferimento di Jung.
Il complesso di Bollingen è raggiungibile in vaporetto e dal lago si può vedere la facciata dell’insieme di strutture costruite da Jung.
Sotto il palazzo c’è un piccolo attracco perché Jung era un esperto velista.
Nella torre, nei momenti in cui Jung la abitava, solitamente regnava il silenzio:
“Il parlare è per me sempre più spesso uno strazio, e frequentemente ho bisogno di un silenzio di parecchi giorni per riprendermi dalla futilità delle parole” (lettera di Jung del 30 maggio 1957).
L’intero complesso, come abbiamo visto, è metafora del cammino che Jung ha percorso nella sua esplorazione della vita psichica:
Conclude Jung:
“Mi osservo nel silenzio di Bollingen, con l’esperienza di quasi otto decenni, e devo ammettere che non ho trovato alcuna risposta chiara a me stesso. Sono in dubbio su di me più che mai, tanto più quanto più cerco di dire qualcosa di definitivo…”



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