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LA SFINGE

La sfinge è una delle creature immaginarie più affascinanti della mitologia.

È presente nella tradizione di diverse culture: greci, egizi, assiri e babilonesi, indiani e birmani e molti altri popoli presentano racconti e miti che hanno al centro la sfinge.


Nelle diverse tradizioni, alla sfinge sono attribuite caratteristiche diverse: nella cultura egizia, la sfinge assume il ruolo di custode delle tombe e dei luoghi di culto, allo scopo di intimorire e allontanare ladri, predoni e spiriti malvagi.


Nella cultura greca, come il mito di Edipo ci mostra, la sfinge assume caratteri mostruosi ed enigmatici: divoratrice di uomini e bestiame, nel mito greco la sfinge rivolge ai passanti diretti a Tebe il celebre indovinello:


“Chi, pur avendo una sola voce, si trasforma in quadrupede, bipede e tripede?”

"Edipo e la sfinge" di Gustave Moreau


Tutti coloro che offrivano la risposta sbagliata venivano divorati. Per questo, il re di Tebe Creonte aveva stabilito che chiunque fosse riuscito a risolvere l’indovinello fosse incoronato come nuovo re della città di Tebe, devastata dalla peste inviata dagli dèi.


Edipo, udito l’indovinello, trova la risposta: è l’uomo, che da bambino si muove carponi, da adulto sta in piedi sulle sue due gambe e da anziano ha bisogno di un bastone, terza gamba.

Sconfitta dall’eroe, la sfinge si uccide, gettandosi in un burrone.


La morte della sfinge spinge Edipo sul trono di Tebe, passaggio decisivo all’interno del “Ciclo tebano”, l’insieme di miti che circolano intorno alla città di Tebe, alcuni dei quali raccontati dal tragediografo Sofocle (Antigone, Edipo Re, Edipo a Colono).


In Oriente la figura della sfinge ha avuto grande fortuna: generalmente definita “uomo-bestia”, è una creatura ancora molto presente nella cultura religiosa in India, Birmania e nel Sud-Est asiatico.

Si tratta di figura metà uomo e metà leone (a volte serpente), legate ad alcune divinità locali.


In generale, la sfinge egizia ha un corpo di leone e un viso umano, come la famosa Grande Sfinge eretta a Giza, in prossimità della Grande Piramide di Chefren. La Grande Sfinge di Giza è antichissima: gli studiosi collocano la sua costruzione intorno al 2500 A.C.

Si tratta di un’opera colossale, lunga più di 70 metri, alta 20 e larga 19 metri. Il nome egizio della Grande Sfinge di Giza è “Hor em akhet”, che significa “Horus dimora (oppure è, si trova) all'orizzonte”.


Il mito di Edipo è al centro della storia e della teoria psicoanalitica: non a caso, nel simbolo dell’Associazione Internazionale di Psicoanalisi (IPA), fondata da Sigmund Freud nel 1910, è presente il dialogo tra Edipo e la sfinge, come raccontato dal mito greco.

Simbolo dell'IPA, Associazione Internazionale di Psicoanalisi


La figura della sfinge ha sempre suscitato un vivo fascino: creatura composita, in parte umana e in parte animale, ha assunto, in ciascuna cultura, diversi significati.

La sua natura mista la rende, allo stesso tempo, affascinante ed inquietante.

Il rapporto tra questi aspetti diversi riflette, secondo una lettura psicoanalitica, il complesso rapporto tra conscio ed inconscio, tra Io e pulsioni, tra ragione ed aspetti irrazionali.

In ciascuno la composizione tra questi aspetti assume la forma, direbbe Lacan, di un “collage surrealista”, diverso per ciascuno.


Gli aspetti animali della sfinge rappresenterebbero la dimensione pulsionale, irrazionale dell’uomo; mentre la sua dimensione umana, il suo interrogare, ci mostra il complesso rapporto di ciascuno con il proprio inconscio che, proprio a partire dalle sue formazioni enigmatiche (sogni, lapsus, atti mancati) ci interroga.


Per approfondire:

Sofocle – Edipo Re

Borges – Il libro degli esseri immaginari


Anche nell’arte la sfinge ha trovato molteplici raffigurazioni. Sia come elemento architettonico, sia come soggetto di rappresentazione.


Ne è un esempio l’arte simbolista: sia Ingres sia Gustave Moreau hanno dipinto il fatidico incontro tra la sfinge e l’eroe tragico Edipo; la figura della sfinge mostra sia i suoi aspetti mostruosi ed inquietanti, di natura animale, e tutta la sua carica sensuale e seduttiva, data dagli attributi femminili che la caratterizzano.

"Edipo e la sfinge" di Ingres


In queste opere è evidente la radicale ambiguità che segna il rapporto dell’uomo con la sfinge: l’attrazione mista alla repulsione, il mistero e l’inquietudine di una fusione composita, solo in parte riuscita.


L’eleganza leonina della figura della sfinge ha fatto sì che le sculture egizie venissero trafugate (o replicate) per essere poi collocate nei giardini dei regnanti e degli imperatori, per arricchire i loro parchi e le regge.


Infine, l’arte surrealista ha raccolto l’eredità simbolista, riproponendo ancora una volta l’ambiguo rapporto dell’uomo con gli aspetti inconsci che lo abitano.

Ne è esempio l’opera di Fernand Khnopff, “Le carezze”, del 1896, custodita a Bruxelles, nel Museo Reale delle Belle Arti del Belgio.

Si tratta di un’opera di dimensioni sostanzialmente ridotte, ma dal grande potere evocativo e suggestivo.


"Le carezze" di Fernand Khnopff


La sfinge, dal corpo di ghepardo, domina il centro dell’opera, catturando lo sguardo dello spettatore. Le linee sinuose della creatura conducono lo sguardo fino ad incrociare gli occhi diretti penetranti di un uomo (forse Edipo?), che paiono chiamarci in causa, suscitando un vissuto di imbarazzo, come a violare una scena di intimità.


La dimensione enigmatica e perturbante della sfinge è in primo piano anche nell’incisione di Gustave Doré, “L’Enigma”: la sfinge è ritratta di spalle, mentre contempla un campo di battaglia carico di morti e di devastazione; il titolo dell’opera risuona richiamando alla nostra attenzione quanto la sfinge compie nel mito tebano. Tuttavia, l’enigma posto dalla sfinge nell’opera di Doré ha un’altra portata: perché questa devastazione? Perché questo attaccamento dell’uomo alla morte e alla distruzione? Perché la guerra?


"L'Enigma" di Gustave Doré


Infine, la sfinge ha trovato numerose declinazioni e trasposizioni anche nella letteratura. Citiamo come esempio l’opera di Borges, “Il libro degli esseri immaginari”. In questa opera affascinante e per niente dal sapore didascalico, Borges raccoglie miti, usanze e racconti, che arricchiscono e mettono in dialogo tradizioni e mitologie diverse. Per quanto riguarda la sfinge, Borges racconta di una versione alternativa del mito greco: Lo scrittore argentino Jorge Luis Borges dice che la Sfinge chiedeva a tutti i viandanti: l’interrogativo della creatura non avrebbe sondato “chi” fosse la creatura che nel corso della sua vita cambiava il suo modo di spostarsi; la domanda si sarebbe invece soffermata sul “dove” fosse, sottolineando una declinazione più esistenziale della dimensione umana. In quale fase della vita siamo? Dove siamo? Dove andiamo?


 
 
 

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