LA MASCHERA DI JUNG
- riccigianfranco199
- 16 lug 2023
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 17 lug 2023
Tra gli elementi archetipici più interessanti che popolano l’inconscio collettivo, Jung ha posto una particolare attenzione all’archetipo detto “Persona”.
Con “Persona”, Jung intende la “maschera” e la “parte teatrale” che ciascuno è chiamato a recitare nella propria vita.

Carl Gustav Jung
Diversamente dal concetto di “Ombra”, che fa riferimento a quanto rimane inespresso, potenziale, rimosso e nascosto, l’archetipo chiamato “Persona” fa riferimento a quanto viene costruito e “messo in scena” nel rapporto con gli altri e con la società.
Si tratta quindi di una sorta di camuffamento, di adattamento che l’individuo mette in gioco rispetto alla propria cultura, alle aspettative sociali che lo circondano e le vincolano su un certo sentiero.
Dietro a questa maschera resterebbe celato quanto di inaccettabile, imbarazzante e singolare caratterizza il “Vero Sé” dell’individuo.
Il processo di Individuazione, modo nel quale Jung chiama il percorso che ognuno è chiamato a compiere per realizzarsi nella propria unicità, passa attraverso il superamento della necessità di fare ricorso ad una “maschera” per mettersi in rapporto con l’altro.
Si tratta sia di un processo di superamento della propria personale sottomissione ai vincoli sociali, morali e repressivi della cultura di appartenenza, sia di un lavoro di autoaffermazione, di attivo riconoscimento e valorizzazione di quanto caratterizza il “Vero Sé” dell’individuo.
Come sottolinea Jung, il rischio che il soggetto corre è di identificarsi con questa maschera, finendo col “credere alla propria recita”, confondendo una maschera con la propria soggettività.
Il concetto junghiano di “Persona” presenta delle singolari risonanze con quello di “falso-Sé” elaborato dallo psicoanalista Donald W. Winnicott.
Il “falso-Sé” teorizzato da Winnicott sarebbe l’effetto del contatto tra la soggettività del bambino ed il mondo esterno: una sorta di “scorza”, di protezione utile a mitigare il rapporto conflittuale tra la dimensione pulsionale e le “richieste della civiltà”.

Donald Woods Winnicott
Già Freud aveva individuato nell’Io un ruolo di mediatore tra queste opposte istanze, tra loro in conflitto. Tuttavia, l’idea di Jung e di Winnicott è diversa: “Persona” e “Falso-Sé” sarebbero dei costrutti complessi esterni all’Io, irriducibili ad un solo aspetto della soggettività.
In questi concetti si ritrovano annodati aspetti identitari, culturali, morali, etici e di condotta che catturano la soggettività, orientandola in modo da renderla “accettabile” agli occhi degli altri.
Per approfondire:
-Carl Gustav Jung – “Gli archetipi dell’inconscio collettivo”

Nella foto: Statua greca custodita al MANN, Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Diversi autori hanno studiato la radicale discontinuità tra soggettività e società.
Se Freud, ne “Il Disagio della civiltà”, aveva individuato le ragioni profonde di un conflitto insanabile tra il mondo pulsionale e i limiti simbolici necessari alla convivenza tra gli uomini, sarà Lacan a portare alle sue estreme conseguenze l’insegnamento freudiano: con il concetto di “alienazione” e “causazione del soggetto”, Lacan mette l’accento sulla radicale alterità nella quale il soggetto viene al mondo.
Non si tratta solo di riprendere il celebre motto freudiano “L’Io non è padrone in casa propria”, una delle tre terribili ferite narcisistiche inferte all’uomo dalle scoperte della scienza, ma di sottolineare come l’Io stesso sia una forma di alienazione rispetto alla soggettività.

Jacques Marie Lacan
Lacan vede nell’Io la forma più tipica della follia umana: “credersi un Io”, sarebbe tanto folle quanto, “per un Re credersi un Re”. L’identità tra la credenza e l’essere è la convinzione rassicurante che la psicoanalisi ha messo in crisi in modo irreversibile.
L’esperienza dell’analisi e il lavoro sui sintomi mostrano come la soggettività umana sia irriducibile alla dimensione dell’Io, scalzandolo dal ruolo di “soggetto”.
Per Lacan la soggettività andrebbe piuttosto ricercata nell’inconscio: è il “soggetto dell’inconscio” lacaniano il vero perno della soggettività umana, non l’Io.
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