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L’AUTOANALISI DI FREUD

Aggiornamento: 11 giu 2023

Come sottolinea Jacques-Alain Miller, una delle invenzioni di Freud è quella dello psicoanalista: prima di Freud, non vi era lo “psicoanalista”, né chi potesse svolgere in modo chiaro e definito quella funzione.


Freud quindi non ha potuto esplorare il proprio inconscio a partire da un’analisi, come accade oggi: Freud non poteva infatti rivolgere la propria domanda di sapere ad un’analista.


Come ha fatto allora a costruire l’impianto clinico e teorico della psicoanalisi?


Se l’analista è il frutto di un’analisi, come può Freud essere stato il primo psicoanalista?


Si tratta di un tema delicato, legato all’origine di un fenomeno culturale centrale per la cultura occidentale: Freud fa “eccezione” rispetto a tutti gli analisti, in quanto non sottoposto ad un’analisi classica.


Ma è proprio così? Forse no.


Nel 1896 Freud perde il padre. Questo evento ha un profondo impatto su di lui: la sofferenza e l’esacerbarsi di alcuni aspetti nevrotici del suo carattere lo spinge ad approfondire i suoi vissuti, ad elaborare associazioni ed ipotesi su quanto gli sta accadendo.


È la cosiddetta “autoanalisi” di Freud, un lungo processo di esplorazione del proprio mondo interno che lo condurrà a rivedere alcune delle sue ipotesi cliniche e di ricerca, aprendo la strada alla psicoanalisi.


Tuttavia questa “autoanalisi” non è stata condotta solo nella forma del dialogo interiore, della riflessione e dell’introspezione: un ruolo decisivo è stato condotto da Wilhelm Fliess, un medico berlinese col quale Freud ha dato vita ad un intenso scambio di lettere.


Nelle lettere a Fliess (scambiate tra il 1887 e il 1904), Freud si permette di confidare idee scabrose, ricordi, parlando liberamente di sé, dei propri desideri e delle sue ipotesi di ricerca.



Proprio in una lettera a Fliess Freud cita per la prima volta il mito di Edipo, per dare forma a quanto ha avuto modo di osservare nei suoi pazienti e dentro di sé.

da una lettera del 15 ottobre 1897


“Mi è venuta una sola idea di valore generale. Ho trovato amore per la madre e gelosia per il padre anche nel mio caso, e ora ritengo che questo sia un fenomeno generale della prima infanzia (…) Se è così si comprende l’interesse avvincente che suscita l’Edipo re, nonostante tutte le obiezioni razionali al fato inesorabile che quella storia presuppone (…) Ogni membro dell’uditorio è stato una volta un tale Edipo in erba e, da questa realizzazione di un sogno trasferita nella realtà, ognuno indietreggia con orrore, con la piena rimozione che separa lo stato infantile da quello presente.”


L’idea del complesso edipico era stata già abbozzata, nelle sue linee generali, già in una lettera di alcuni mesi prima:


da una lettera del 31 maggio 1897


“Impulsi ostili contro i genitori, un desiderio che debbano morire che fa parte integrale della nevrosi. Come se nei figli il desiderio di morte sia diretto contro loro padre e nelle figlie contro la madre.”


Freud era spinto verso Fliess non solo dal desiderio di uscire dal proprio isolamento, potendo così condividere ipotesi e direzioni di ricerca.

Possiamo dire che Freud abbia sviluppato un vero e proprio transfert verso Fliess:


da una lettera dell’agosto 1890


“Mi sento molto isolato, scientificamente smussato, stagnante, rassegnato. Quando ci siamo parlati, quando ho visto che pensavi qualcosa di me, veramente anch’io ho cominciato a credere in me stesso, e l’immagine di energia che crede in se stessa che mi hai offerto non è stata senza il suo effetto.”


Nel rapporto tra Fliess e Freud possiamo individuare due versanti del transfert:

la dimensione immaginaria che lega Fliess a Freud; Fliess era un medico di successo, creativo e vivace, realizzato dal punto di vista professionale e familiare. Nella stessa epoca, Freud era isolato, in difficoltà economica, tormentato dal desiderio di realizzarsi e ferito dalla morte del padre.


Vi è poi la dimensione simbolica del transfert, centrata sul valore della parola, che l’analizzante consegna all’analista, perché ritorni trasformata, lavorata, nuova: nel carteggio tra i due la teoria analitica è vista, rivista e approfondita, fino a porre le basi della teoria dell’eziologia sessuale della nevrosi.

È la cosiddetta “svolta” del 1897, momento nel quale Freud capisce l’importanza delle fantasie inconsce di seduzione, preferendole alla teoria della seduzione “reale” come fondamento della nevrosi.


Pare che Fleiss abbia ricoperto per Freud quella che possiamo definire la posizione dell’analista: un Altro a cui rivolgere la nostra parola, a cui affidarla.

I lunghi anni di corrispondenza hanno segnato profondamente la teoria freudiana e l’“uomo Freud”: possiamo dire che le lettere a Fliess costituiscono quindi una sorta di analisi a cui Freud, in assenza di alternative, ha potuto fare ricorso, prima di divenire, lui per primo, lo psicoanalizzante.


Le lettere rimasero private fino a quando la moglie di Fliess decise di venderle: Marie Bonaparte, psicoanalista francese allieva di Freud, le acquistò. Bonaparte informò Freud, che le chiese di distruggere quelle carte.

La psicoanalista si rifiutò e il materiale venne poi pubblicato, divenendo disponibile.


Per approfondire:

-Freud, lettere a Fliess (18871904);

-Anzieu, L'autoanalisi di Freud e la scoperta della psicoanalisi.

Il lavoro di Freud sui propri sogni e sui propri pazienti lo porterà alla pubblicazione della prima grande opera della letteratura psicoanalitica: L’interpretazione dei sogni (1900), testo nel quale Freud analizza anche del materiale onirico da lui stesso elaborato.



L’intestazione dell’opera riporta una celebre citazione dell’Eneide di Virgilio:

“flectere si nequeo superos acheronta movebo”

che possiamo così tradurre:


"Se non posso muovere le potenze del cielo, allora solleverò quelle degli inferi".


Le lettere a Fliess costituiscono un fondamentale materiale di studi per capire la genesi della teoria psicoanalitica: ci mostrano non solo il Freud "ricercatore", alle prese con il materiale inconscio emerso dalla propria autoanalisi e dalla nascente pratica clinica; queste lettere fanno luce anche sul Freud "uomo", alle prese con le prove che la vita gli ha riservato.


 
 
 

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