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JUNG E LA FAMIGLIA

“Vi sono moltissimi genitori che trattano sempre i loro figli come bambini, perché essi stessi non vogliono invecchiare, né rinunciare al loro potere e alla loro autorità di genitori”

 

Carl Gustav Jung

 

Da sempre la psicoanalisi si interroga sulla famiglia e sulle dinamiche dei rapporti tra genitori e figli.

Carl Gustav Jung, padre della “Psicologia analitica”, nella sua pratica di terapeuta e nel suo lavoro teorico ha sottolineato il legame tra “separazione” ed “individuazione”.

 

Afferma infatti Jung:

“sono dell’avviso che i figli si separano dai genitori il più presto possibile, appena hanno raggiunto l’età matura. I figli non appartengono ai genitori, e inoltre nascono solo apparentemente da loro.”

 

Il processo di “individuazione” richiede come sua condizione preliminare che la separazione dai genitori e dalla famiglia sia possibile: in una logica archetipica, non ci possiamo stupire del fatto che la figura del “puer” (la dimensione infantile universale dell’inconscio) e del “senex” (l’archetipo del vecchio saggio) siano contrapposte e non alleate tra loro.

 

Insiste Jung:

“Un forte legame con i genitori costituisce un ostacolo al futuro adattamento al mondo.”

 

Nel ciclo della vita, giovinezza e maturità si inseguono, in una dialettica di reciproco confronto perenne. Anzi, Jung ha osservato come tra le generazioni sia possibile cogliere una sorta di trasmissione inconscia dei conflitti e degli aspetti “ombra” rifiutati dai genitori:

 

“I figli tendono sempre a vivere la vita inconscia che non è stata vissuta dai loro genitori, le cose che i loro genitori hanno ignorato, non hanno osato o hanno negato, a volte anche ingannando se stessi”

 

Per questo la nevrosi del bambino (o del figlio) chiama in causa direttamente il genitore: come in un “karma”, la malattia del figlio riflette il ritorno di quanto nei genitori è rifiutato e rimosso. Spesso, proprio in un’ottica separatrice, i figli manifestano i lati ombra, ciò che i genitori non hanno voluto esprimere; quindi non è un caso che il vissuto tipico delle generazioni più mature sia di rimprovero e scandalo rispetto a quanto i giovani manifestano!

 

A tal proposito, Jung afferma:

“ciò che ha un effetto veramente deleterio  che i genitori si aspettano dai loro figli che facciano bene ciò che essi stessi hanno fatto male”.

 

Di riflesso, quando la separazione dei figli è resa impossibile dalle esigenze genitoriali, la nevrosi del bambino può determinare un ribaltamento dei rapporti di forza, scatenando una terribile angoscia ed impotenza nei genitori:

 

Conclude Jung:

“non c’è mezzo migliore di una nevrosi per tiranneggiare una famiglia”.

 

Per approfondire:

-Carl Gustav Jung – “Sui sentimenti e sull’ombra”;

-Carl Gustav Jung – “Jung parla. Interviste ed incontri”;

-Carl Gustav Jung – “Sui sogni e trasformazioni. Colloqui di Zurigo”.

 

La dimensione della famiglia occupa un posto intermedio tra la dimensione soggettiva singolare e quella generale e collettiva. La visione junghiana si orienta verso l’individuazione, cioè la piena realizzazione della personalità nelle sue diverse e possibili sfaccettature.

 

Affinché questo processo sia possibile, è necessario che la famiglia non divenga un ostacolo, accettando di tramontare psichicamente, decentrandosi rispetto alla vita dell’individuo nato al suo interno.

 

 
 
 

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