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JACQUES LACAN E IL “COMPLESSO DI SVEZZAMENTO”

Dopo la nascita, il bambino è chiamato ad affrontare una serie di passaggi che influenzano profondamente il suo sviluppo psichico e fisico.


Tra questi occupa un posto decisivo il momento dello svezzamento. Non si tratta di un semplice cambio di regime alimentare; il momento dello svezzamento segna un tornante fondamentale dello sviluppo psichico e del rapporto tra il bambino e l’altro.

Non a caso, il prolungarsi dell’allattamento costituisce un segnale di difficoltà nell’evoluzione nel rapporto tra madre e bambino.


In una delle sue prime opere, intitolata “I complessi familiari nella formazione dell’individuo” (1938), lo psicoanalista francese Jacques Lacan descrive gli elementi principali del “complesso di svezzamento”.

 

Il “complesso” è un concetto fondamentale della Psicoanalisi; basti ricordare che l’intera teoria di Freud si fonda sulle dinamiche del “complesso di Edipo”.

 

Ricorda Lacan:

“i complessi hanno dimostrato di svolgere un ruolo di “organizzatori” nello sviluppo psichico: essi dominano per esempio i fenomeni che nella coscienza sembrano meglio integrati nella personalità, e nell’inconscio motivano non solo le giustificazioni passionali ma anche le razionalizzazioni oggettivabili”.

 

Il “complesso di svezzamento”, sottolinea Lacan, “svolge un ruolo fondamentale nella costruzione della Imago materna (la rappresentazione inconscia della madre) e di conseguenza fonda i sentimenti più arcaici e più stabili che legano l’individuo alla famiglia”.

 

Se negli animali lo svezzamento avviene come processo fisiologico (con il tramonto dell’istinto materno), nell’uomo è condizionato da una regolazione culturale: ogni coppia madre bambino affronta questo passaggio facendo ricorso a coordinate simboliche, a vissuti personali ed esperienze personali e familiari pregresse.

 

In ogni caso tuttavia, questa esperienza determinerebbe l’incorrere in un vero e proprio trauma psichico, per l’intervento dell’Altro come regolatore della pulsione orale: alla luce della psicoanalisi, le anoressie mentali, le tossicomanie orali e le nevrosi gastriche potrebbero trovare la propria origine nelle dinamiche dello svezzamento.

 

Lo svezzamento lascerebbe come una traccia indelebile, per la relazione unica che interrompe (quella di nutrimento diretto da parte dell’Altro materno).

 

Da una dinamica fisica si passa allo psichico, con l’accettazione (o meno) dello svezzamento. Tutto ciò si accompagna ad una profonda ambivalenza emotiva, dovuta all’alternarsi di desiderio di nutrizione e di rabbia per la negazione del seno.

 

Il rifiuto dello svezzamento fonderebbe l’Imago della relazione di nutrimento del soggetto con il proprio altro, basata sulle sensazioni proprie della prima infanzia.

 

Il momento della poppata costituirà nell’inconscio del bambino il prototipo della massima forma di soddisfazione possibile, determinando una forma di nostalgia insuperabile sulla quale si fonderà l’esperienza del desiderio. Qui si gioca la dimensione psichica dell’allattamento e dello svezzamento: la soddisfazione, per il bambino e per la madre, della pulsione orale nel momento della poppata.

 

Freud aveva accolto come, nel momento della poppata, “vi fosse una fondamentale ambivalenza, frutto della situazione stessa: colui che mangia è a sua volta assorbito nell’abbraccio materno che gli risponde. Una sorta di cannibalismo fusionale, ineffabile, allo stesso tempo attivo e passivo, che sopravviverà nei giochi nelle parole”.

 

Allo stesso tempo, il caos delle sensazioni corporee attraversa il bambino, determinando il sorgere delle prime esperienze di angoscia, che prendono solitamente la forma del timore di asfissia, del freddo e del disagio labirintico.

 

Infine, osserva Lacan:

“lo svezzamento nel senso stretto dà espressioni psichica, la prima ma anche la più adeguata, all’Imago più oscura di uno svezzamento più antico, più penoso e di più grande ampiezza vitale: quello che alla nascita separa il bambino dalla matrice, separazione prematura da cui risulta un malessere che nessuna cura materna riesce a compensare”.

 

Il prevalere, al di là dell’infanzia, delle conseguenze dello svezzamento può tradursi, laddove non sia possibile sublimazione, in alterazioni dello sviluppo delle relazioni con i nuovi gruppi sociali e con nuovi contesti.

In altre parole, in ostacoli al progresso della personalità, legati al prevalere della pulsione di morte.

 

Conclude Lacan:

“la tendenza psichica verso la morte, nella forma originaria datale dallo svezzamento, si rivede in alcuni tipo di suicidio assai particolari, che si caratterizzano come “non violenti” e manifestano la forma orale del complesso: lo sciopero della fame nell’anoressia mentale, l’avvelenamento lento in certe tossicomanie per via orale, la dieta ferrea nelle nevrosi gastriche. L’analisi di questi casi mostra che nel suo abbandono alla morte il soggetto cerca di ritrovare l’imago della madre”.

 

Per approfondire:

-Jacques Lacan – “I complessi familiari nella formazione dell’individuo”;

-Melanie Klein – “Weaning. Lo svezzamento come conflitto”;

-Helene Parat – “L'erotico materno. Psicoanalisi dell'allattamento”.

 

L’esperienza dell’allattamento costituisce un passaggio unico nella vita del soggetto: mai più si farà l’esperienza di essere direttamente nutriti dal corpo dell’altro, di fare del corpo dell’altro il cibo della propria vita.

 

Una volta avvenuto lo svezzamento, l’accesso al cibo sarà regolato da pratiche culturali, come sottolineato da Levi Strauss né “Il crudo e il cotto”.

 

Fa eccezione il celebre episodio di Pero e Cimone, considerato uno dei massimi esempi di “Caritas romana”.

Cimone, imprigionato e condannato a morire di fame, riesce a salvarsi grazie all’aiuto della figlia Pero; la giovane poteva visitare il padre senza però poter portargli nulla da mangiare. Tuttavia aveva da poco partorito e, di conseguenza, durante le visite al padre in cella, poteva sfamarlo in segreto, allattandolo.

Una volta scoperto il modo nel quale la figlia garantiva la sopravvivenza del padre, i guardiani della prigione, mossi a carità, decisero di liberare Cimone.

 

 
 
 

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