top of page

JACQUES LACAN E IL “COMPLESSO DI INTRUSIONE”

Jacques Lacan è stato uno psichiatra e psicoanalista creativo, capace di introdurre idee nuove nel campo della psicoanalisi.

Uno dei suoi primi lavori (1938) si intitola “I complessi familiari nella formazione dell’individuo”; in quest’opera Lacan esplora l’influenza e il funzionamento della famiglia, collocandola non sul versante della natura bensì della cultura.

 

In piena continuità con la tradizione psicoanalitica in cui si è formato, Lacan analizza l’influenza dei genitori nella “formazione dell’individuo”; egli individua tre scansioni fondamentali che segnano i primi anni di vita: il momento dello svezzamento, con al centro il ruolo della madre; il “complesso di intrusione”, con enfasi sul rapporto di amore e di odio con il simile (fratelli e sorelle); infine l’Edipo, centrato sull’azione simbolica della figura paterna.

 

Cosa intendiamo con “complesso di intrusione”?

 

Al centro abbiamo la questione del narcisismo: già Freud aveva colto come il bambino, fin dalla nascita, sia catturato dalla fantasia di essere l’unico oggetto d’amore e di cura della madre; questo ruolo, l’“Uno” che il bambino desidera incarnare, è messo in discussione in modo radicale dal sorgere del “Due”, dalla comparsa cioè di un altro simile (come un fratello o una sorella) o nell’Edipo dalla figura del padre.

 

Per Freud la comparsa del vissuto di gelosia tra fratelli e sorelle nasce proprio dall’esperienza di un “desiderio di esclusività (che non ammette) spartizioni”.

 

Troviamo molteplici esempi nella religione, nella letteratura, nella storia e nella clinica di come l’amore fusionale tra madre e bambino sia messo in discussione dalla comparsa di un terzo.

 

La nascita di un fratello o di una sorella implica il passaggio dall’ “Uno” al “Due”, insieme ad un fondamentale lavoro del lutto per la perdita dell’esclusività delle cure: questo doloroso lavoro psichico è condizionato dalla fantasia nostalgica di un tempo in cui non c’era l’altro con cui dover spartire l’amore dei genitori.

 

Per questa ragione Freud afferma che:

“molti bambini, che si ritenevano stabilmente assisi sul trono dell’incrollabile amore dei genitori, sono stati così sbalzati d’un colpo dall’Olimpo della loro immaginare onnipotenza”

 

Ecco perché Freud sottolinea la natura primigenia dell’odio rispetto all’amore: l’odio punta a tutelare il narcisismo ed il senso di unicità; l’amore non può che passare per il riconoscimento del “Due”, dell’altro come distinto da sé.

 

Freud sottolinea che:

“il bambino piccolo non ama necessariamente i suoi fratelli, spesso palesemente non li ama affatto. È indubbio che egli odia in essi i propri concorrenti, ed è noto quanto spesso questo atteggiamento permanga ininterrottamente per molti anni… ogni occasione sarà buona per denigrare il nuovo arrivato e tentativi di fargli persino male, veri e propri attentati, non sono niente di inaudito.”

 

L’altro che ottiene le cure viene elevato a nuovo ideale perché capace di essere oggetto d’amore dei genitori; questo ideale divenuto esteriore (prima incarnato dal primo genito) si accompagna ad una ferita narcisistica che alimenta l’odio e l’ira del bambino “cacciato” dal suo “trono” immaginario.

 

Lo psicoanalista Massimo Recalcati giunge quindi a riformulare il “complesso di intrusione” nei termini biblici del “complesso di Caino”.

Nella tragica vicenda raccontata nella “Torah” vediamo infatti gli elementi salienti del complesso di intrusione descritto da Lacan.

Caino è spinto all’atto violento contro Abele a seguito del rifiuto da parte di Dio dei propri sacrifici: l’invidia di Caino verso Abele è legata al suo ruolo di “usurpatore”, di ideale irraggiungibile e preferito da Dio.

Prima Caino aveva un rapporto esclusivo con Dio; ora invece Dio cerca Abele, non più il primogenito di Adamo ed Eva.

 

L’amore idealizzato e non corrisposto alimenta l’ira contro l’oggetto da abbattere per l’impossibilità di fare i conti con il dolore del lutto dell’ “Uno”, per la perdita di valore e consistenza narcisistica che il soggetto subisce.

 

Come sottolinea Lacan, è in gioco “il ruolo traumatizzante del fratello (che) è costituito dalla sua intrusione”. La figura del fratello “aggiunto”, sottolinea Lacan, è vissuta come “infestante” il campo del fratello maggiore.

 

Caino colpisce Abele per attaccare la dimensione ideale che ha perduto. Vedere l’altro occupare il “proprio” posto diviene un’esperienza intollerabile per il soggetto. L’agito omicida giunge quindi al posto del lavoro del lutto.

 

Per approfondire:

-Massimo Recalcati – “Uno diviso due. Fratelli e sorelle”;

-Jacques Lacan – “I complessi familiari nella formazione dell’individuo”;

-Sigmund Freud – “Introduzione alla psicoanalisi”.

 

Anche se il “complesso di intrusione” coinvolge in modo più preciso il figlio/a maggiore, la dinamica dell’intrusione tocca anche i figli unici, nell’esperienza dell’Edipo: il figlio è esposto alla dimensione erratica del desiderio materno, catturato “altrove” dalla “donna”, intesa come quella dimensione del femminile che eccede il materno.

 

Ecco perché, sottolinea Recalcati, il “vero intruso” è l’immagine ideale che perseguita il soggetto, esponendolo all’esperienza depressiva di mancata coincidenza con esso.

 

La storia di Caino e Abele si traduce nella spirale mortifera del “mors tua, vita mea”, esito del fallimento del lutto da parte del fratello maggiore, Caino.

 

L’agito punterebbe a ristabilire la posizione originaria dell’“Uno”, compromessa per sempre dall’apparizione sulla scena del “Due”, incarnato da Abele: da quel momento, Caino non è più “unico” sul piano dialettico. Solo il lavoro del lutto dell’unicità permette di accedere al Due come dimensione simbolica del riconoscimento della reciproca unicità, non scalfita dalla presenza dell’Altro, bensì resa accessibile proprio dall’esperienza della differenza.

 
 
 

Comments


bottom of page