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LACAN E IL NASTRO DI MOEBIUS

Jacques Lacan ha cercato, nel corso del suo insegnamento, di individuare le immagini e le metafore, più utili per spiegare l’esperienza della psicoanalisi, dell’inconscio e della soggettività.

 

Tra i campi del sapere a cui ha attinto, la topologia occupa un posto di eccezione. La topologia è una branca della matematica e tra gli oggetti topologici studiati da Lacan vi è la il “nastro di Moebius”. Il matematico August Ferdinand Moebius fu il primo a considerare la possibilità di costruire delle “figure topologiche non orientabili”.

 

Di cosa si tratta? Si tratta di figure con una sola faccia, come il nastro di Moebius e la bottiglia di Klein.

 

Come si costruisce?

Lo spiega Lacan stesso durante il suo Seminario:

“una striscia di carta rettangolare, torcendo di 180° uno dei lati corti e poi unendolo con il lato

opposto [...]. Il suo essere ad una sola faccia può essere caratterizzato dal fatto che se ne può coprire tutta la superficie con un’unica pennellata. Se invece si dipinge un nastro privo di torsione su una faccia, per dipingere l’altra bisogna attraversare uno spigolo”

 

In che modo possiamo fare ricorso al nastro di Moebius per spiegare l’esperienza della psicoanalisi?

Lacan fa ricorso al concetto di “taglio” e di “superficie” per spiegare l’incidenza dell’atto analitico e della parola nella psicoanalisi.

 

La particolarità del nastro di Moebius è che il diritto e rovescio siano un tutt’uno senza discontinuità.

 

Da una parte la costruzione della del nastro di Moebius è possibile solo attraverso il taglio e ricomponendo la striscia con una torsione; dall’altra la continuità tra le superfici mostra un aspetto fondamentale dell’inconscio.

 

In particolare, Lacan desidera sottolineare come le due facce siano in continuità.

Commenta Lacan:

“In un nastro di Moebius…l’insetto che percorre la superficie… può credere in ogni momento che sia una faccia che non ha ancora esplorato, quella che è il rovescio della faccia che sta percorrendo. L’insetto può credere a questo rovescio, benché di fatto non ci sia… Senza saperlo, esso esplora l’unica faccia che c’è, eppure, in ogni momento, c’è anche un rovescio”

 

Il concetto di rovescio è fondamentale nella clinica psicoanalitica, in particolare per il lavoro con il significante e con gli affetti.

 

Nastro di Moebius

Osserva Lacan:

“Un discorso è venuto la luce, quello di Freud, secondo cui la morte è l’amore.

Questo non vuol dire che l’amore non rientri a sua volta nel calcolo delle probabilità, che gli lascia appena quella minuscola chance che il poema di Dante ha saputo realizzare.

Ma vuol dire che non c’è un’assicurazione sull’amore perché sarebbe anche un’assicurazione sull’odio.

L’amore-odio e ciò di cui uno psicoanalista, anche non lacaniano, riconosce a buon diritto soltanto l’ambivalenza, ossia la faccia unica della striscia di Moebius con la conseguenza, legata alla sua comicità intrinseca, per cui, nella vita di gruppo, sta ad indicare, di questo, sempre e soltanto l’odio.”

 

Quindi il nastro di Moebius offre un’efficace immagine dell’ambivalenza dei vissuti affettivi.

 

Lacan poi fa ricorso al nastro di Moebius per spiegare il concetto di inconscio.

 

Come sottolineano Igino Domanin e Fabrizio Palombi:

“Lo psicoanalista è colui che indaga l’oggetto della sua scienza, l’inconscio, che si trova all’interno della sua soggettività. L’insegnamento freudiano circa i limiti dell’introspezione spiega come questo oggetto, pur essendo posto all’interno del soggetto, non sia a esso trasparente, né direttamente accessibile, ma si presenti sempre come un resto irriducibile per il pensiero cosciente.

 

Ecco perché l’interiorità non è mai totalmente interiorizzabile.

 

Ci troviamo innanzi al paradosso dell’inconscio che, se da un lato è interno al soggetto, dall’altro gli resta sempre esterno. Lacan fa riferimento al nastro di Moebius per rappresentare tale paradosso e per rendere conto dello stato di scissione (Spaltung) del soggetto.

 

La psicoanalisi in quanto scienza del soggetto è definita dalla torsione del nastro di Moebius; infatti essa costruendo il proprio oggetto produce anche il soggetto motivando l’aporia del rapporto tra scienza e psicoanalisi”

 

Il nastro di Moebius mostra la difficoltà della psicoanalisi e della scienza di definire con precisione univoca i confini tra interno ed esterno, tra ciò che è incluso e ciò che è escluso. In quest’ottica il posto del soggetto non può che rimanere un posto “opaco”, un buco nero paradossale.

 

Perché? Perché il soggetto della psicoanalisi non è “neutrale” o “esterno”, bensì implicato nella propria operazione.

 

Concludono infatti Domanin e Palombi:

“Il soggetto non è un’immutabile prospettiva sul mondo ma deve essere reinterpretato in funzione della dinamica storica.”

 

Per approfondire:

-Domanin, Palombi – “Il nastro di Möbius”

-Jacques Lacan – “L’angoscia. Seminario 1962-1963”;

-De Luca Picione – “L’impresa topologica di Jacques Lacan. La psicoanalisi tra superfici, confini, buchi e nodi”.

 

Il concetto di “rovescio” indica la natura di identità tra discorso del soggetto ed inconscio, già presente nel momento del dire; l’inconscio del paziente è infatti tra le sue parole, nel loro rovescio come la faccia “nascosta” della striscia di Moebius.

 

La struttura della striscia fa però sì che ciò che momentaneamente è visibile si rovesci, svelando l’inconscio; così, il lavoro analitico svela l’inconscio, già presente nelle parole del paziente senza che lui ne sia consapevole.

 

 
 
 

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