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IL MITO DI ORESTE

Il mito greco dell’eroe tragico Oreste è prezioso per esplorare il rapporto tra violenza e senso di colpa.


Oreste nasce durante i fatti narrati da Omero (Iliade), mentre il padre Agamennone è lontano, impegnato insieme agli altri sovrani Achei nell’assedio della città di Troia.

Una volta tornato sul trono, il sovrano di Micene viene ucciso dalla moglie Clitemnestra. Per evitare che nel complotto venga ucciso anche il piccolo Oreste, la sorella Elettra avvolge il bambino in un vello e lo consegna a Strofio, sposo della sorella di Agamennone e sovrano della Focide.


Il giovane Oreste cresce alla corte di Strofio, creando un profondo legame di amicizia con il principe Pilade. Tuttavia, la serenità del principe in esilio è turbata dalle terribili notizie che gli giungono da Micene: il padre Agamennone non ha ricevuto una degna sepoltura e non sono stati celebrati i riti funebri; sulla sua misera tomba, Egisto, assassino del legittimo sovrano e nuovo re, getta pietre in preda alla follia e agli effetti del vino, gridando: “Vieni, Oreste, vieni a prenderti quel che ti spetta!”.


Oreste di Vittorio Alfieri
Oreste di Vittorio Alfieri

Oreste, oramai adulto, si rivolge all’Oracolo di Delfi e riceve un messaggio da Zeus e da Apollo: dovrà tornare a Micene e vendicare il padre ucciso; se non lo farà sarà condannato ad un’esistenza anonima, senza gloria.


Insieme al fidato amico Pilade, Oreste entra in città, sfidando e uccidendo l’usurpatore Egisto e la madre Clitemnestra. Reso folle dall’aver ucciso la propria madre, Oreste è perseguitato dalle Erinni: divinità ancestrali, le Erinni perseguitano coloro che hanno compiuto gesti violenti contro la propria famiglia.


La situazione di Oreste è tragica e paradossale: per vendicare il padre ha dovuto uccidere la propria madre. Ha compiuto un gesto nobile, vendicando la morte del padre? Oppure uno ignobile, eliminando la madre?


Vagabondo e oppresso dalla follia, Oreste giunge ad Atene, dove si sottopone al processo per il suo gesto; la giuria si spacca a metà: metà votano per la colpevolezza di Oreste, metà per la sua assoluzione. Sarà la dea Atena ad intervenire, determinando infine l’assoluzione di Oreste e la fine della sua follia.


Il mito di Oreste offre un’interessante metafora per esplorare i vissuti ambivalenti del bambino nei confronti della figura materna (e di chiunque si prenda cura di lui): il bambino è attraversato da sentimenti d’amore e di odio verso l’altro, per le cure che riceve e per la sofferenza legata alle inevitabili forme di frustrazione.


Per questo, la madre viene vista come “figura d’amore” e come figura “cattiva”, colpevole della sofferenza.


Melanie Klein
Melanie Klein

Melanie Klein sottolinea che la scissione emotiva nel bambino legata all’esperienza di soddisfazione e frustrazione sia al centro della “fase schizoparanoide”; in seguito, l’esperienza di riparazione del legame porta il bambino a cogliere che la figura “buona” e quella “cattiva” sono in realtà la stessa: subentra la “fase depressiva”, nella quale il bambino sviluppa il senso di colpa per i propri vissuti aggressivi rivolti contro la madre.


Il bambino si rende quindi conto di aver rivolto la propria aggressività contro l’oggetto d’amore, fonte sia della soddisfazione sia della frustrazione.


Da “mors tua vita mea”, tipico della fase schizoparanoide, nella fase depressiva abbiamo il “vita tua vita mea” e “mors tua mors mea”. Il senso di colpa si lega quindi alla possibilità di redenzione e di riparazione del legame.


Il lavoro psicoanalitico sul senso di colpa permette di mettere in luce l’importanza tanto del legame quanto delle spinte aggressive che agitano il mondo interno del soggetto: come ha scoperto Freud, “Thanatos” (l’istinto di morte, l’aggressività) può trasformarsi in “Nomos” (legge), aprendo ad una nuova forme del legame e alla costituzione dell’Io attraverso l’identificazione inconscia con l’oggetto d’amore.


“Oreste perseguitato dalle Erinni”, dipinto di William-Adolphe Bouguereau, 1862.
“Oreste perseguitato dalle Erinni”, dipinto di William-Adolphe Bouguereau, 1862.

Per approfondire:

-Franco Fornari – Psicoanalisi della guerra;

-Eschilo – Orestea;

-Primo Lorenzi - La follia di Oreste. Psicopatologia di un personaggio del mito.


Il mito di Oreste si pone in diretta e completa antitesi con quello di Edipo: se il figlio di Laio agisce all’oscuro della propria identità, Oreste invece è consapevole della propria origine e si muove per vendicare il padre. Il proprio atto nei confronti della madre lo mette difronte ad una posizione soggettiva impossibile, per questo l’eroe tragico scivola nella follia.


Sarà l’intervento divino a superare la naturale ambivalenza umana, simbolizzata dalla giuria spaccata a metà: l’assoluzione dell’eroe segna la necessaria riparazione simbolica e la chiusura tragica della vicenda, ponendo fine allo spargimento di sangue e alla tragica vicenda.


 
 
 

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