top of page

IL MITO DI ELETTRA

Il mito di Elettra occupa un posto importante nella cultura greca classica e si colloca alla fine delle vicende della guerra di Troia.


Elettra è la figlia del Re Agamennone e della Regina Clitemnestra. Agamennone, per consentire alla flotta achea di partire aveva sacrificato la sorella di Elettra, Ifigenia, sull’altare (la giovane verrà salvata dalla dea Artemide e sostituita con una cerva).


Tornato a Micene alla fine dei dieci anni di guerra e assedio, Agamennone cade ucciso per mano della moglie e del suo amante, Egisto. Eliminato Agamennone, Egisto e Clitemnestra prendono il potere in città. Oreste, fratello di Elettra, fugge, mentre la giovane, considerata inoffensiva, resta a palazzo, piena di odio per la madre e l’amante.


Solo diverso tempo dopo, Oreste torna in città e, insieme alla sorella, pianifica la vendetta: Egido verrà ucciso in campagna, durante un sacrificio; Clitemnestra invece sarà uccisa dalla figlia, Elettra.

Il turbolento susseguirsi di morti e vendette sarà placato solo dall’intervento del dio Apollo, che si assumerà le responsabilità di quanto e pacificherà la situazione.


Il mito di Elettra ha avuto grande spazio nel teatro e nella letteratura: il tema dell’amore, della vendetta e della giustizia ha ispirato tragediografi come Eschilo, Euripide e Sofocle.

Ogni autore ha cercato di dare la propria versione di questa tragedia: al centro vi è il vivo contrasto tra dovere e spirito di vendetta, tra amore e odio.


Anche Carl Gustav Jung e Simgund Freud hanno dedicato alcune interessanti riflessioni alla figura tragica di Elettra: nello studio della psiche e del bambino, Freud ha osservato l’emergere di vissuti ambivalenti, spesso opposti, verso i genitori: il sentimento di amore per le cure, la vicinanza e l’aiuto ricevuto insieme all’odio e alla rabbia per i limiti e i vincoli dell’educazione.


Freud, nel “complesso di Edipo”, ha sottolineato l’amore del bambino maschio per il genitore del sesso opposto, reso impossibile dalla presenza del padre.

Sul versante femminile, il “complesso di Elettra”, proposto da Jung, indicherebbe la rabbia della bambina verso la madre, in quanto ostacolo all’accesso verso l’amore esclusivo del padre.


Come nel mito, così nell’analisi di Jung, al centro vi è il difficile rapporto tra legge, pulsione ed emozioni.

Se Jung aveva proposto una precisa simmetria tra “complesso di Edipo” e “complesso di Elettra”, Freud si opporrà a questa idea, rifiutando ogni parallelismo, per il diverso ruolo esercitato nella bambina dalla corporeità.


Sigmund Freud e Carl Gustav Jung


Da un punto di vista lacaniano, possiamo vedere nella vendetta di Elettra un tentativo immaginario di risanare la ferita simbolica aperta dalla morte di Agamennone: Clitemnestra, complottando con l’amante Egisto, avrebbe sconvolto l’ordine della famiglia e della città; Elettra, con la sua vendetta avrebbe tentato di riparare la trama lacerata del tessuto simbolico, fallendo.

Solo l’intervento divino di Apollo avrebbe avuto il potere di riportare pace ed equilibrio, ponendo un limite alla violenza e concludendo la tragedia che ha sconvolto la casa reale di Atreo: l’intervento del terzo, divino e simbolico ad un tempo, ha esaurito la spirale di violenza immaginaria.


"Elettra alla tomba di Agamennone", Frederic Leighton, 1869


Per approfondire:

Euripide – Elettra (tragedia)

Simgund Freud – Sessualità femminile


Freud, nella critica all’ipotesi di Jung circa la definizione di un “complesso di Elettra”, oppone il differente effetto della costituzione fisica del bambino e della bambina in termini psichici: se il bambino sarebbe spinto a rinunciare alle proprie ambizioni pulsionali verso la madre dal timore di evirazione, la bambina invece sarebbe animata dalla cosiddetta “invidia del pene”.


La bambina, costatando l’assenza del pene, rivolgerebbe due rimproveri alla madre: da una parte di frapporsi tra lei e il padre; dall’altra di averla castrata, privandola di quanto invece è presente nel bambino.


Come sappiamo, il rischio di ridurre la teoria freudiana dello sviluppo psicosessuale ad un rigido schematismo è sempre presente.

In questo senso, è utile ricordare il ruolo del “fallo”, immaginario e simbolico, come definito da Lacan. Lacan coglie nel fallo un oggetto dallo statuto particolare, capace di orientare la pulsione: in tal senso, il fallo lo si ha oppure lo si è.

Nel caso del bambino, il fallo è in rapporto al soggetto sul versante dell’avere; nel caso del soggetto in posizione femminile, il fallo è invece presente sul versante dell’essere.



Il fallo simbolico avrebbe la funzione fondamentale di significazione, di costruzione della realtà per come essa è simbolicamente organizzata; dal punto di vista immaginario invece sarebbe catalizzatore del desiderio del soggetto, nella sua manifestazione o nella sua ricerca.



 
 
 

Commenti


bottom of page