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IL MATERASSO DI LACAN

Fin dai primi Seminari, Jacques Lacan era interessato a individuare delle metafore efficaci per descrivere gli aspetti essenziali della teoria psicoanalitica.


Per Lacan, era necessario comprendere come la realtà psichica funzionasse, pur nella complessità dell’esperienza di ciascun soggetto. Per il scopo, Lacan era capace di individuare metafore evocative ed efficace, spesso tratte dal mondo dell’artigianato o della lavorazione manuale.


Come descrivere allora la costruzione di questa realtà? Per Lacan era necessario individuare un “nodo”, un “punto” attorno al quale gli altri elementi si dispongono; si tratta di un elemento capace di organizzare gli altri, favorendo quindi l’emergere di una costruzione coerente.


Sottolinea Lacan:


“Che si tratti di un testo sacro, di un romanzo, di un dramma, di un monologo o di una qualsiasi conversazione, permettetemi di rappresentare la funzione del significante con un artificio spazializzante di cui non abbiamo ragione di privarci. Il punto intorno a cui deve esercitarsi ogni analisi concreta del discorso lo chiamerò punto di capitone.”

(Seminario III, Le psicosi, pag. 304-305)


Lacan chiama “punto di capitone” questo elemento capace di organizzare non solo il discorso, ma la realtà psichica nel suo complesso. Ma cos’è un “punto di capitone”? Nei materassi artigianali, fatti a mano, il “punto di capitone” è il nodo che dà al vertice del materasso la sua forma; sciolto il nodo, il materasso diviene una massa informe.

Ecco allora che Lacan evoca la costruzione artigianale del materasso come metafora della “costruzione” della realtà della psiche.

Il tessuto del materasso, attraversato e annodato dal filo, assume la forma adeguata al suo scopo: da semplice stoffa, diviene vertice del materasso.



Così, il “punto di capitone”, in psicoanalisi, è quel significante che organizza tutto il discorso, permettendo l’emergere del senso. Si tratta di una funzione fondamentale, perché non esiste legame univoco tra significante (la parola) e significato (il senso particolare che la parola può assumere) ed ognuno è chiamato a costruire il proprio “nodo”.


Prosegue Lacan:

“Il punto di capitone è la parola... con tutte queste connotazioni trans-significative. Intorno a questo significante tutto si irradia e si organizza, allo stesso modo delle piccole linee di forza formate sulla superficie di una trama da un punto di capitone. E il punto di convergenza che permette di situare retroattivamente e prospetticamente tutto ciò che accade in questo discorso.”


(Ibidem, pag. 305)


Se il “punto di capitone” allora è un significante centrale nella vita di un soggetto, il materasso è allora metafora della sua vita psichica, organizzata intorno a quel significante, grazie all’opera di “significazione”.

Per Lacan comprendere il funzionamento del “punto di capitone” è fondamentale per chiarire il processo di “significazione”, di costruzione del significato, operante nella nevrosi, ma non nella psicosi.

Nella nevrosi osserviamo una precisa costruzione della realtà, influenzata inconsciamente dal fantasma; nel soggetto nevrotico, il “punto di capitone” regge, offrendo una costruzione coerente del mondo e dell’esperienza soggettiva.

Nella psicosi invece, teorizza Lacan, la funzione di “significazione” non sarebbe operativa allo stesso modo, determinando un continuo slittamento del significante sul significato; per questo l’esperienza inaugurale della psicosi è costituita dall’emergere di una disorientante perplessità verso un mondo nel quale i riferimenti perdono il loro ordinario modo di funzionare.


Per esempio, in un esordio psicotico è possibile considerare titoli di giornale, servizi televisivi scritte sui muri come segnali riferiti a sé oppure assolutamente incomprensibili.

In seguito, costruendo un delirio, il soggetto psicotico troverà una soluzione, un nuovo “punto di capitone”, per organizzare la realtà, divenuta caotica ed informe.

Lacan lo spiega con precisione in questo passaggio:


“Dov’è la persona nel significante? In che modo un discorso sta in piedi? Fino a che punto un discorso che ha un’aria personale, può portare, sia pure solo sul piano del significante, abbastanza tracce di impersonalizzazione perché il soggetto non lo riconosca come suo?

Non vi dico che è questa la molla del meccanismo della psicosi, dico che il meccanismo della psicosi si manifesta qui. Prima di individuare questo meccanismo, occorre che ci esercitiamo a riconoscere, ai differenti stadi del fenomeno, in quali punti il capitone è saltato. Un catalogo completo di questi punti ci permetterebbe di trovare delle correlazioni sorprendenti, e di accorgerci che non è in un modo qualsiasi che il soggetto spersonalizza il proprio discorso.


(Ibidem, pag. 307)


Per il Lacan degli anni Cinquanta si tratta di un punto decisivo:


“Lo schema del punto di capitone è essenziale nell’esperienza umana.

Perché quello schema minimale dell’esperienza umana che Freud ci ha dato nel complesso di Edipo conserva per noi il suo valore irriducibile e tuttavia enigmatico?

E perché questo privilegio del complesso di Edipo?

Perché Freud vuole sempre, con tanta insistenza, ritrovarlo dappertutto?

Perché abbiamo qui un nodo, che gli sembra tanto essenziale da non poterlo abbandonare neppure nella pur minima osservazione particolare, se non perché la nozione di padre, assai vicina a quella di timore di Dio, gli fornisce l’elemento più sensibile nell’esperienza di quello che ho chiamato il punto di capitone tra il significante e il significato ?

(Ibidem, pag. 306)



Il Complesso di Edipo, osserva Lacan, è per la psicoanalisi quanto il nodo di capitone è per il materasso: l’elemento che gli offre una struttura specifica, che lo organizza in modo tale da funzionare. Possiamo immaginare una Psicoanalisi senza Edipo? Possiamo immaginare una Psicoanalisi senza Freud e le sue teorie?


L’opera di Lacan si è posta lo scopo di indagare cosa fa “stare in piedi” una teoria; non solo la teoria psicoanalitica, ma la teoria che ciascuno costruisce per stare al mondo: il “delirio privato” che ciascuno mette in piedi nel proprio rapporto con la realtà e il reale.


Per approfondire:

-Jacques Lacan, Il Seminario, Libro III, Le psicosi.


Lacan desiderava cogliere l'esperienza psichica nella sua complessità, senza cedere ad un riduzionismo scolastico, come invece osservava accadere nelle Società Psicoanalitiche britannica ed americana.


La "peste" della Psicoanalisi, la sua dimensione sovversiva ed inquietante, ha le proprie radici nella sua capacità di restituire al soggetto la sua complessità, senza ricondurlo ad una morale o ad una "favoletta rassicurante".


Per questo, l'esperienza dell'analisi passa sempre per il perturbante, per l'oscuro e l'equivoco:

"Talvolta è più importante enunciare il problema posto che non risolverlo", affermava Lacan (Sem V, pag.435)

 
 
 

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