HEGEL E LA PSICOANALISI
- riccigianfranco199
- 12 giu
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HEGEL E LA PSICOANALISI
Georg Wilhelm Friedrich Hegel è stato uno dei filosofi più influenti della storia.
Padre dell’idealismo, Hegel ha influenzato profondamente la teoria della storia, la politica, l’economia e la cultura occidentale.
I suoi corsi, tenuti nelle università tedesche di Jena, Heidelberg e Berlino, sono stati seguiti da generazioni di studenti, suscitando non poche invidie, tra cui quelle del filosofo Arthur Schopenhauer.
Il lavoro di Hegel ha dato corpo a un vero e proprio sistema di pensiero capace di influenzare anche la psicoanalisi.
In particolare lo psicanalista francese Jacque Lacan è stato profondamente influenzato dal pensiero Hegel, conosciuto attraverso le elezioni del filosofo francese di origine russa Alexandre Kojève (autore di un celebre seminario sulla “Fenomenologia dello spirito” di Hegel).
L’impronta hegeliana nella psicoanalisi di Lacan è evidente in particolare nella prima parte del suo insegnamento: il ruolo del simbolico, il peso della dialettica e del linguaggio sono capisaldi del pensiero di Lacan che affondano le proprie radici nella filosofia di Hegel.
Anche la clinica di Lacan è stata influenzata dal pensiero del filosofo tedesco: la dialettica “servo-padrone”, tra i più noti concetti di Hegel, è stata ripresa da Lacan, nel corso del suo seminario, per spiegare il rapporto dell’ossessivo con il proprio desiderio e con la morte.
Ricapitoliamo in breve la dialettica “servo-padrone”.
Nella sua teoria filosofica, Hegel inventa la metafora della dialettica “servo-padrone” per descrivere il cammino della coscienza, che diviene autocoscienza, verso l’indipendenza (identificata da Hegel nella pratica dello stoicismo).
Perché alcuni sono servi e altri occupano invece il posto del padrone? Su cosa si fondavano queste disuguaglianze?
Secondo il filosofo la risposta andava trovata nella “lotta per il puro prestigio”: davanti al rischio della morte, il servo accettava di cedere sul proprio desiderio; il padrone invece accettava di correre il rischio della morte pur di prevalere.
Questa dialettica tra forze contrapposte determinava la distribuzione del potere: chi trema davanti al rischio della morte?
“La borsa o la vita?”
“Avere o essere?”
“La sostanza o il desiderio?”
Secondo Lacan, l’ossessivo non ha dubbi: sceglie l’avere. L’ossessivo infatti cerca di evitare in ogni modo l’esperienza della perdita, giungendo ad inaridire l’esperienza stessa della vita.
Il desiderio infatti, nella sua stessa struttura, prevede l’esperienza della mancanza e della perdita, veri e propri tabù per l’ossessivo.
Ne abbiamo un esempio nel magnifico romanzo di Giuseppe Verga “Mastro Don Gesualdo”, nel quale il protagonista accumula la “roba” (denaro, proprietà, beni…) lungo tutta la sua vita, rinunciando all’esperienza del desiderio pur di arricchirsi.
L’ossessivo tuttavia non si limita a “cedere sul proprio desiderio”, ma cerca un padrone perché teme l’esperienza della libertà: la libertà infatti richiede di esporsi alla vertigine della scelta e della responsabilità.
Di questa libertà l’ossessivo non ne vuole sapere.
Il servo lavora giorno dopo giorno per rendersi indispensabile, per servire il suo padrone, ma dentro di sé cova odio.
Da una parte l’ossessivo si manifesta per la propria oblatività, sottomissione e disponibilità; dall’altra egli aspetta che il padrone muoia. Il servo/ossessivo aspetta la morte del padrone per fare festa, per celebrare la ritrovata libertà.
Invece, una volta scomparso il padrone, il servo/ossessivo è travolto dall’angoscia della libertà e quindi cerca un nuovo padrone da servire.
Così il paziente ossessivo, pur di non essere esposto alla vertigine angosciante del desiderio e della propria libertà, sceglie di non scegliere, cioè di sottomettersi alla volontà dell’altro, che odia ma del quale ha bisogno.
L’ossessivo si pone quindi in una posizione di assoggettamento, di impossibile soddisfazione del proprio desiderio che rifiuta: per questo un sintomo classico della nevrosi ossessiva è l’inibizione.
Non a caso, l’ossessivo odia l’inconscio, perché non ne ha controllo e l’inconscio gli rimanda il rischio di incontrare la propria verità al di là della propria nevrosi, vero e proprio velo che lo protegge dalla vertigine angosciante del desiderio.

Per approfondire:
- Alexandre Kojève – “Introduzione alla lettura di Hegel”;
- Jacques Lacan - “Il seminario, Libro V, Le formazioni dell’inconscio”;
- Sigmund Freud – “Ossessioni, fobie e paranoia”.
La filosofia di Hegel è centrale per capire lo sviluppo del pensiero occidentale: le idee del filosofo hanno dato origina e alle teorie politiche e filosofiche degli ultimi 200 anni. Gli allievi di Hegel si sono divisi in una “destra” ed in una “sinistra”, rendendo di fatto l’idealismo la filosofia centrale del Novecento.
Ancora oggi nel pensiero comune troviamo echi importanti del pensiero di Hegel, come ad esempio nella concezione geopolitica della storia e dei popoli.
Dal punto di vista clinico abbiamo visto come Lacan abbia costruito la propria concezione della dialettica a partire dall’eredità filosofica Hegel.
Lo scopo dello psicoanalista francese era infatti di costruire nuove basi per la teoria psicanalitica, facendo leva non sulla continuità con la medicina bensì su altri campi del sapere come la filosofia, la linguistica, l’antropologia e lo strutturalismo.
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