FREUD E LA FAVOLA DI ESOPO “IL VENTO E IL SOLE”
- riccigianfranco199
- 5 giorni fa
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Tra le favole di Esopo più famose occupa un posto d’eccezione quella intitolata “il vento e il sole”. Il grande scrittore greco aveva immaginato una sfida tra questi due elementi: chi dei due è più forte?
Per deciderlo gli dei dell’Olimpo propongono una prova: il vento e il sole avrebbero dovuto “tormentare” un povero viaggiatore; sarebbe stato scelto come vincitore chi, tra i due elementi, sarebbe riuscito a sottrarre all’uomo il suo mantello.
Il vento, con le sue gelide spire, era sicuro di strappare il mantello al viaggiatore: questi però, colpito dal freddo e dal gelo insopportabile, invece di lasciar andare la mantella, la stringeva a sé con sempre maggior forza.
Più il vento soffiava forte, più il viaggiatore si proteggeva con la mantella, aspettando che il tempo si placasse.
Il vento era oramai esausto e decise di lasciare spazio al sole e ai suoi raggi. Il viaggiatore, nel frattempo, una volta placatosi il vento, aveva ripreso a camminare per la sua strada quando, con sorpresa, si accorse del montare di un gran caldo. Senza potersi riparare all’ombra degli alberi, la mantella, invece di proteggerlo, contribuiva ad opprimerlo. Per questo, il viaggiatore decise di fare una pausa, per potersi rinfrescare presso un fiume lì vicino.
Il sole aveva trionfato, prendendo di diritto il suo posto privilegiato nell’alto del cielo.

Questa favola di Esopo è stata più volte riproposta e riformulata, già in epoca romana e perfino in età moderna. Per i commentatori, il confronto tra il sole e il vento mette al centro il valore della persuasione, della diplomazia, della mitezza. Il ricorso alla forza è solo in apparenza vantaggioso: il risultato infatti è solo l’acuirsi della tensione, portandola a livelli insopportabili.
Questa favola è stata utilizzata anche in ambito psicoterapico, per sottolineare un aspetto centrale del lavoro con le difese psichiche: le “difese” sono processi e dinamiche inconsce che la mente mobilita davanti all’emergere di un affetto (come ad esempio l’ansia), frutto di un conflitto psichico rimosso.
Secondo la classificazione di Sigmund Freud, le difese fanno parte della parte inconscia dell’Io. La figlia, Anna Freud, ha dedicato anni di ricerca alla definizione dei diversi meccanismi di difesa: alcuni agiscono sul mondo esterno (difese basate sulla scissione), altre sul rapporto tra Io e mondo interno (difese basate sulla rimozione).
Più una difesa incide sul rapporto con il mondo esterno, più questa incide nel rapporto del soggetto con gli altri e con la “realtà”.
Il soggetto fa ricorso alle difese per evitare l’impatto diretto con il conflitto rimosso: se ciò non fosse mediato da un processo difensivo infatti, questo incontro potrebbe essere traumatico, se non francamente distruttivo.
Per questo, confrontare direttamente una difesa, per quanto possa determinare una sofferenza nella vita del soggetto, è controproducente: senza l’azione del meccanismo di difesa, i danni psichici sarebbero infatti ben peggiori, per l’impatto con l’emergere traumatico del conflitto psichico inconscio.
Confrontare direttamente una difesa non produrrebbe altro quindi che un suo radicale rafforzamento.
Sulla falsa riga del sole, è molto più utile porre l’attenzione sull’affetto e sulle dinamiche che determinano la ripetizione, portando il soggetto a maturare una soluzione diversa rispetto alla difesa che fino a quel momento ha inciso nel rapporto tra Io, mondo interno e mondo esterno.
Per approfondire:
-Sigmund Freud – “L’Io e l’Es”;
-Anna Freud – “L’Io e i meccanismi di difesa”;
-Fabio Madeddu – “I meccanismi di difesa”.
Il tema dei “meccanismi di difesa” è uno degli ambiti più affascinanti della psicoanalisi. Conoscerli ci mostra il rapporto, sempre ambiguo e singolare, con il reale della vita e delle relazioni.
Come interpretiamo quanto accade e quello che osserviamo? Lo sguardo e il linguaggio non si limitano a “descrivere” quanto abbiamo davanti; piuttosto, il linguaggio e lo sguardo “costruiscono” quanto osserviamo, determinando una rappresentazione, sempre sintomatica, della realtà.
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