top of page

FERENCZI E L’ANALISI RECIPROCA

Sándor Ferenczi è stato uno dei pionieri della Psicoanalisi. Autodefinitosi “enfant terrible” della nascente scienza, Ferenczi era noto per le sue innovazioni e la sua creatività. Le sue proposte, accolte spesso con preoccupazione dagli psicoanalisti più ortodossi, lo porteranno ad un progressivo allontanamento dal suo Maestro e analista, Sigmund Freud.


Sándor Ferenczi


Nella propria riflessione pratica e teorica, Ferenczi si preoccupava di come superare i momenti di blocco o di impasse nel corso dei trattamenti.

Tra le proposte più originali di Ferenczi vi è l’“analisi reciproca”: di cosa si tratta? Nel suo prezioso (e privato) diario clinico, Ferenczi riporta dettagli e idee legate a questa controversa tecnica:


“La rivelazione dei propri sentimenti di angoscia e di colpa permette anzitutto di evidenziare uguali tendenze nell’analizzato che sciupa in modo analogo tutte le opportunità offerte dalla vita e molte di quelle delle analisi. Si potrebbe quasi dire che tanto più numerose sono le debolezze dell'analista che lo portano verso errori e insuccessi più o meno grandi, scoperti e trattati nell’analisi reciproca, tanto maggiori sono le possibilità che l'analisi abbia delle basi profonde e reali”


Per Ferenczi l’analisi reciproca sarebbe un modo per entrare in una forma di relazione più intima col paziente. Ma fino a dove spingersi?


“Non conosco una sola analisi didattica, compresa la mia (con Freud), che sia stata così completa da rendere del tutto inutili, per la vita o per il lavoro, queste messe a punto.

L'unico problema è quello di sapere fin dove questa analisi reciproca può e deve arrivare.

Naturalmente, nasce il sospetto che il paziente utilizzi questa occasione soltanto per distrarre da sé l'attenzione per mettersi alla ricerca, in maniera paranoide, dei complessi dell'analista.


Il paziente diventa allora il dottore e l'analista il paziente.


Ma anche questa eventualità non deve far liquidare tutta la questione senza discuterne.


Infatti:

-anche in caso di paranoia bisogna scoprire il fondo di verità nascosto in ogni idea delirante;

-non è da respingere a priori l'idea che l'abitudine dell'analista di cercare sempre, in modo paranoico e quasi delirante, la causa degli ostacoli nella resistenza del paziente possa essere praticata in modo scorretto ai fini della proiezione o per negare i propri complessi.”


Ritratto di Sándor Ferenczi


Per Ferenczi emerge in modo chiaro il ruolo difensivo dell’attenzione verso l’altro: si tratta di curare l’altro o di proteggersi dall’emergere dei propri complessi?


Ferenczi ne offre due esempi molto interessanti:


“Il paziente nota che ho sonno. Invece di sentirsi offeso, come temevo, si sente onorato del fatto che io mi possa comportare in modo così naturale in sua presenza. “Ciò dimostra che lei ha molta fiducia in me! La prossima volta non faccia più alcuno sforzo e dorma pure!”.

Questo stesso paziente mi esorta a non affaticarmi troppo nel servizio ai miei pazienti.

Per contro in una delle sue sedute successive mi dice: “per favore oggi non si addormenti, io ho assolutamente bisogno della sua presenza, sono così confuso!”


Oppure:


“Una paziente si sente ancora più onorata quando virgola dopo anni di conoscenza e di analisi, mi permetto per la prima volta di usare il WC di casa sua”. (Ferenczi era solito fare sedute anche presso il domicilio dei pazienti.


Da queste testimonianze emerge con grande evidenza un tema centrale: il rischio nel maneggiare il controtransfert se l’analista è solo!


Ferenczi si immerge in questa nuova pratica, riportandone gli effetti su di sé:


“Nient'altro che essere analizzato per due giorni consecutivi: sensazione deprimente di essersi lasciato sfuggire di mano la direzione, le redini. Supposizione poco confortante che il paziente sia riuscito a sottrarsi completamente all'analisi e a prendere invece me in analisi.

Con la mia tendenza ad avventurarmi anche in ciò che c'è di più arduo e a trovare motivi per fare questo, mi sono deciso, seppur con grande riluttanza, ad assumermi il rischio…


Nonostante questo decisione, nessun benessere, bensì dei sintomi: mal di testa, disturbi del sonno, senso di stanchezza e sonnolenza durante le sedute analitiche e anche in occasione di rappresentazioni teatrali di una certa durata.”



Lo stesso Ferenczi coglie i limiti di questa pratica:


“Se si vuole istituire un'analisi corretta, l'analista deve comunicare all’analizzando che lo analizza i segreti di altri pazienti, ma questo modo di procedere urta contro ostacoli etici e logici. I pazienti non sanno che io, in quanto analista, mi faccio analizzare da un paziente.


In verità, questo fatto dovrebbe essere portato a conoscenza degli altri miei pazienti, il che interferirebbe pesantemente con il loro desiderio di comunicare e con la loro cieca fiducia. Si verificherebbe qualcosa di simile a un'analisi a porte aperte…


Ma immaginiamo come sarebbe un'analisi che cominciasse con il dire al paziente o alla paziente: “in fondo, lei mi disgusta, non sopporto il suo odore, detesto la sua faccia e i suoi modi.”

D'altra parte, provo sentimenti di colpa perché non faccio notare ai singoli pazienti e allievi, in analisi con me, i loro modi e particolarità che risultano sgradevoli a me e ad altri, e questo per riguardo alla loro sensibilità e per rafforzare la relazione analitica”.


Queste vignette cliniche e gli appunti di Ferenczi mostrano come sia sempre necessaria la presenza di un terzo nel corso di un’analisi: il controllore/supervisore.


Senza questa figura fondamentale, maneggiare il controtransfert può essere molto rischioso: Ferenczi cerca una sorta di analista/controllore nei propri pazienti, invece che in una figura terza. Forse, l’impossibilità di rivolgersi ad un collega, al quale poter parlare della propria pratica, affonda le radici nel rapporto logoro tra Ferenczi e Freud, tanto maestro quanto analista dell’“enfant terrible” ungherese,


Per approfondire:

-Sándor Ferenczi – Diario Clinico;

-A. Haynal - Freud, Ferenczi, Balint e la questione della tecnica: controversie in psicoanalisi.


Ferenczi è vissuto in un’epoca tumultuosa, nel quale molti meccanismi dell’analisi non erano ancora stati sistematizzati o definiti con precisione.

Vero e proprio pioniere, nella propria pratica, si è autorizzato ad interventi audaci e spesso “oltre il limite”; Ferenczi ha segnato così in profondità il mondo psicoanalitico da spingere molti suoi colleghi, per mantenere una distanza dalla portata dirompente delle sue idee, a considerarlo “folle”.


Un ultimo passaggio dal diario:


“Preparo la paziente al fatto che devo comunicarle qualcosa di estremamente penoso che generalmente non si dice ai pazienti, sempre che lei sia sufficientemente forte per ascoltarmi.

In realtà deve esserlo, altrimenti non avrebbe sollecitato un atteggiamento di reciproca sincerità.

Con grande determinazione, la paziente chiede una totale franchezza; al che le confesso che ho effettivamente esagerato, scientemente, quando le parlavo con insistenza del prevedibile buon esito della sua analisi.


In realtà, ho spesso paura che tutta la cura fallisca e che lei finisca pazza o suicida. Non nascosi che il farle questa comunicazione mi risultava estremamente penoso e doloroso, tanto più che io stesso sapevo bene che cosa significasse essere messo di fronte a simili eventualità.

Inaspettatamente il risultato fu quello di un totale acquietamento: “se a suo tempo avessi potuto indurre mio padre a fare una simile confessione della verità e a capire la pericolosità della situazione, avrei conservato la salute mentale.”


Questa confessione mi dimostrerebbe che ero nel giusto quando parlavo di eventi che apparivano impossibili perché non poggiavano su niente.


Domanda: tutta questa idea di reciprocità non era forse stata concepita al solo scopo di far venire in luce qualcosa che il paziente supponeva ci fosse in me, ma che sentiva negato? Non era forse un antidoto inconsciamente cercato contro le bugie ipnotiche dell'infanzia?

Piena comprensione dei recessi più profondi della mia mente trascurando tutte le convenzioni, comprese quelle della bontà e del riguardo.”

 
 
 

Comments


bottom of page