ATTUALITÀ DI FREUD
- riccigianfranco199
- 14 minuti fa
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Oggi la psicoanalisi è sotto attacco.
Accusata di essere “vecchia”, “fuori moda”, un residuo della “Belle Époque”, l’analisi è confinata in un “recinto” sempre più stretto, simile alle “riserve” nelle quali sono costretti a vivere i popoli nativi americani.
L’imperativo sociale della prestazione oggi è il faro della clinica medica e psicologica: l’obiettivo del trattamento deve essere la cancellazione del sintomo, in tempi rapidi e attraverso protocolli standard, uguali di terapeuta in terapeuta.
Ogni spazio per la soggettività, per il singolare e l’eccezione scompare sotto la pressione del conformismo imperante dietro l’insegna della “normalità”.
Molti dicono: “Freud è morto quasi 100 anni fa. Cosa c’è di attuale oggi nella psicoanalisi?”
È una critica figlia del nostro tempo e dei suoi ideali, alla quale gli psicoanalisti devono rispondere.
Da una parte posiamo dire che molti autori hanno condotto la psicoanalisi nel nuovo secolo, interrogando le scoperte di Freud, alcuni rinnegandolo, altri sottolineando la centralità della sua “rivoluzione”.
Sicuramente tutti gli analisti condividono la necessità di mantenere la nozione di “inconscio”.
Ma cos’è l’inconscio? Cosa c’è di attuale nella concezione freudiana di inconscio?
Come rendere possibile l’esperienza dell’inconscio?

Secondo lo psicoanalista Massimo Recalcati, “l’esperienza dell’inconscio freudiano è innanzitutto un’esperienza di verità”.
La verità che Recalcati evoca è sempre in fuga e si coglie sempre come rimossa, irriducibile all’io o alla rappresentazione identitaria che il soggetto ha di sé.
Nell’inconscio cioè facciamo esperienza di una verità che è allo stesso tempo intima, personale, ma scabrosa e “sempre in fuga”.
L’incontro con la verità dell’inconscio produce un effetto di “discontinuità nella trama costituita del discorso universale”. Questo significa fare i conti con la massima freudiana “l’Io non è padrone in casa propria”.
Anzi, il rapporto con questa verità implica necessariamente la rinuncia all’universale come unica forma del sapere, per dare spazio alle “espressioni apparentemente più infine e scabrose del soggetto”.
Inoltre, l’esperienza dell’inconscio è “un’esperienza del desiderio”. Irriducibile alla volontà, il desiderio si manifesta come una forza indistruttibile, tanto da non lasciarsi mai padroneggiare dall’Io.
Piuttosto, l’esperienza dell’analisi produce un “assoggettamento”, un passo indietro dell’Io rispetto al primato del desiderio inconscio, vera forza motrice della vita psichica del soggetto.
Davanti alla ricerca della prestazione e dello “standard” come misura della soggettività umana, l’esperienza dell’inconscio è sempre “fuori standard”, radicalmente soggettiva, unica soggetto per soggetto.
Per approfondire:
Massimo Recalcati – “L’uomo senza inconscio”;
Sigmund Freud – “Compendio di psicoanalisi”;
Bolognini e Nicolini – “Freud e il mondo che cambia”
Recalcati si oppone, in continuità con l’insegnamento di Lacan, ad una concezione naturalistica dell’inconscio, inteso come “dato di fatto”, presente di per sé nell’esperienza psichica.
L’inconscio, nella concezione di Recalcati, è esposto al rischio dell’estinzione: compito dell’analista è “far esistere l’inconscio”, orientando la domanda di sapere dell’analizzante verso il sapere, ad un tempo intimo ed eccentrico, che lo abita.
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