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ADAMO ED EVA

UNA LETTURA PSICOANALITICA


Il racconto di Adamo ed Eva è contenuto nel primo libro della Bibbia, la Genesi.

In particolare, uno dei dettagli più celebri del racconto biblico di Genesi è quello relativo alla creazione di Eva:


“Allora il Signore, il Dio, fece piombare un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli prese una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Poi il signore, il Dio, con la costola che aveva preso all’uomo formò una donna e la condusse all’uomo”


Nel corso del Seminario X, “L’angoscia” (1962-1963) e nel Seminario XV, intitolato “L’atto psicoanalitico” (1967-1968), Jacques Lacan commenta il racconto biblico di Adamo ed Eva.

Nel Seminario X Lacan introduce un neologismo: “sépartition” (separtizione). Adamo, l’unico uomo, vede venir meno la sua unità, la coincidenza tra Uno e Altro, perdendo una parte di sé.


Come sottolinea Massimo Recalcati nel libro “La legge della parola”:


“L’umano (adam), tratto dalla polvere della terra (adamah), è costretto dalla Legge della parola a perdere una parte di sé stesso, a vedere incrinato il miraggio di poter essere autosufficiente.”


La perdita della costola non lascia un segno ma fonda nell’uomo, fin dall’origine, l’esperienza della mancanza, del meno, della perdita.


"Adamo ed Eva" di Tiziano


L’azione di Dio, nella lettura di Recalcati, è definibile come “taglio separtitore”, capace di dividere soggetto e oggetto, separandoli per sempre, a partire da un orizzonte mitico, fuori dal tempo.

Per Lacan il racconto biblico diviene esempio paradigmatico per spiegare la teoria dell’oggetto causa del desiderio, chiamato oggetto piccolo (a).


Per Lacan, la condizione di Adamo, separato da Dio della propria costola e quindi impossibilitato a fare meno del rapporto con l’Altro, è alla base della possibilità stessa di far esistere il desiderio.

Il desiderio, sottolinea Lacan, ha sempre di mira l’oggetto perduto, che il soggetto cerca di ritrovare.

L’azione del linguaggio, che separa l’uomo dal suo oggetto, è a causa del desiderio stesso. Per questo la costola sottratta ad Adamo, e pertanto non più recuperabile, è alla base di due aspetti centrali del desiderio per Freud: l’oggetto è per sempre perduto (Adamo non potrà ottenere di nuovo la sua costola) e il soggetto ricerca il suo oggetto nel luogo dell’Altro (Adamo orienta il suo desiderio verso Eva).

Per Lacan, l’oggetto piccolo (a) è il nome di questo oggetto staccato dal corpo e perduto per sempre.


Per questo, sottolinea Lacan, l’esperienza che Adamo fa di Eva è “etero”: non si tratta di porre l’accento sulla differenza dei corpi, bensì su una non coincidenza, su una diversità di fondo.

Adamo, che ha visto sottrarsi la costola, finisce con il non coincidere più con il se stesso che è stato; dall’altra, Eva, scaturita dalla costola, non può tornare più a far parte di Adamo.


Il mito dell’Uno, dell’unione mitica senza scarti e senza resti, nell’immaginario biblico tramonta per sempre, lasciando spazio al desiderio.


"La creazione di Adamo" di Michelangelo


Per questo, Recalcati conclude sottolineando che “il mito biblico della costola perduta è dunque il mito dell’origine del desiderio umano: ricercare nell’Altro la parte più irraggiungibile di me stesso. La relazione con l’eteros sorge dunque da questa urgenza.”


Per approfondire:

-Massimo Recalcati – “La legge della parola”


Nel corso del Seminario X, Lacan sottolinea una caratteristica fondamentale dell’oggetto perduto come inteso da Freud: non si tratterebbe di una parte del corpo materno (il seno) staccato dal corpo della madre e portato con sé dal piccolo, bensì dell’esperienza dei “pezzi” del corpo materno vissuti come parte del proprio corpo.


"La creazione di Eva" di Michelangelo


Il bambino quindi vivrebbe il seno materno come parte stessa del proprio corpo, provando profonda angoscia e un vissuto di orrore e perdita nel momento del distacco, come se la separazione fosse, in origine, una mutilazione dei corpi.


Questo dettaglio si accorda con il mito biblico: Eva non sarebbe altro se non una parte del corpo di Adamo, la celebre costola. La perdita di una parte di Sè aprirebbe quindi al rapporto con l’Altro, facendo crollare il mito narcisistico di unità che abita come un fantasma l’animo umano.

 
 
 

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