LILITH
- riccigianfranco199
- 25 giu 2023
- Tempo di lettura: 4 min
IL LATO OSCURO DEL FEMMINILE
La figura di “Lilith” affonda le proprie radici nella cultura mesopotamica ed ebraica.
Nella religione mesopotamica (e in particolare in quella sumera), Lilith, dall’accadico “Lil-itu” che significa “Signora dell’aria”, era la dea dei venti e delle tempeste.
La sua azione, legata alle grandi quantità di sabbia sollevata dalle tempeste, era considerata mortifera e foriera di malattie.
Nella cultura babilonese “Lilitu” sarebbe un demone maligno, capace di infestare i sogni dei sognatori.
In un amuleto ritrovato nelle rovine della città antica, risalente al VII sec. a.C., è raffigurata una divinità femminile nell’atto di divorare un bambino, con incisa la scritta fonetica “Lili”.
La figura di Lilith trova posto anche nella cultura ebraica, mantenendo le sue connotazioni oscure e negative. In particolare, il significato aramaico di “Lilith” sarebbe “essere femminile della notte”.
Nella letteratura ebraica, Lilith sarebbe la mitica prima donna creata da Dio, prima di Eva. In particolare, Lilith sarebbe stata creata, così come Adamo, a partire dall’argilla. Tale suggestione ha trovato, nel Medioevo, grande fortuna tra i commentatori della Genesi.
Diversamente da Eva, il rapporto tra Adamo e Lilith sarebbe stato impossibile, segnato da un conflitto costante. Lilith decise quindi di fuggire dall’Eden, per rifugiarsi presso i demoni che infestavano il Mar Rosso.
Nella Qabbalah, Lilith viene descritta come un essere oscuro, in particolare nello “Zohar”, scritto profetico della tradizione ebraica, un verso riporta come Lilith “ vaga a notte fonda, vessando i figli degli uomini e spingendoli a rendersi impuri”.
Il conflitto tra Lilith e Adamo è al centro della trattazione ebraica dello scontro tra l’uomo e i demoni; in particolare, in uno scritto anonimo del X sec. d.C., “L’alfabeto di Ben-Sira”, è riportato un dialogo tra Adamo e il demone Lilith: “Ella disse “Non starò sotto di te” ed egli disse “E io non giacerò sotto di te, ma solo sopra. Per te è adatto stare solamente sotto, mentre io sono fatto per stare sopra.”
Anche nella cultura cristiana occidentale alcuni autori hanno ripreso questa figura femminile notturna e oscura, le cui origini si perdono in un passato mitico; nel “Faust” di Goethe, è descritto l’incontro tra Lilith e il Dottor Faust, in dialogo con Mefistofele:
“FAUST: ma quella chi è?
MEFISTOFELE: quella è Lilith
FAUST: Chi?
MEFISTOFELE: La prima moglie di Adamo, sta in guardia dai suoi bei capelli.
Da quello splendore che solo la veste. Fai che abbia avvinto un giovane con quelli, e ce ne vuole prima che lo lasci.”

Faust e Lilith nell'opera di Richard Westall, 1831
Nel femminismo contemporaneo, Lilith simboleggia il rifiuto della donna di sottomettersi al primato e al dominio dell’uomo, preferendo la difesa della propria libertà. È così, ad esempio, nell’opera della poetessa e scrittrice libanese Joumana Haddad.
Possiamo leggere Lilith come una sorta di archetipo ombra del femminile, una versione del femminile espulsa, rifiutata, che allo stesso tempo non accetta di annullarsi rispetto al primato di un ordine simbolico.
Anzi, proprio la dimensione ribelle, indomita, libera di Lilith segna un elemento di discontinuità rispetto al ruolo femminile tradizionale, in particolare nella cultura mesopotamica e in seguito in quella ebraica e cristiana.
In un ordine maschile, patriarcale, la figura di un femminile che rifiuta di offrire la propria sottomissione non può che apparire come un elemento demoniaco, perturbante, da eliminare e rimuovere.
La riduzione di Lilith, da prima donna a demone, può essere quindi letto come un effetto del sistema culturale che ha prodotto questo mito: una donna che rifiuta di assumere il posto che la società le impone appare come un fattore di destabilizzazione, da connotare nel modo più negativo possibile.
Si tratta della riduzione ad “Ombra”, come direbbe Jung, di un aspetto proprio del femminile, cancellato perché incompatibile con la dimensione simbolica, con gli usi e le leggi.
In quanto espressione di un essere, benché rimosso, questo potenziale non smette di esistere, di circolare, ma si manifesta in altre forme, secondo un’altra logica, nell’inconscio.
Lo mostra in modo chiaro l’opera di Kiki Smith, artista americana, con la sua opera “Lilith” del 1994.
Si tratta di una statua in bronzo che raffigura una figura femminile accovacciata, buia, con due penetranti punti di luce: gli occhi, azzurri e brillanti, che contrastano in modo violento con il tono buio e oscuro, senza luce, del bronzo.
La statua è resa ancora più inquietante dalla sua collocazione: l’artista ha deciso di installare la statua su una parete verticale.

L’osservatore si trova, sorpreso, davanti ad un’opera collocata proprio dove non ce la si aspetterebbe.
Lilith è quindi rappresentata, nella sua oscurità, fuori ordine, al di là delle leggi della convenzione, dell’estetica, della fisica, del simbolico.

Le forme realistiche della figura umana si scontrano con dettagli che invece acuiscono un senso di estraneità, di inquietudine e plasticità: la posizione del corpo sembra suggerire un imminente movimento esplosivo, reso imprevedibile dalla collocazione “sottosopra” dell’opera.
Il realismo delle forme contrasta con la superficie “non finita”, solcata dalle mani dell’artista che vi ha impresso le tracce delle proprie dita nell’atto di modellare l’opera.

Il bronzo assorbe la luce, generando un senso di oscurità che avvolge l’opera; ciò spinge l’osservatore ad acuire la vista, finendo come catturato dagli occhi color ghiaccio, penetranti e diretti di Lilith. L’incrocio con lo sguardo del demone genera un moto di angoscia, amplificata dalla difficoltà di scorgere altri dettagli e dalla posizione “innaturale” di questa donna oscura.
コメント