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IL MITO DI PRIAPO

La mitologia classica, greca e romana, è popolata da un gran numero di creature suggestive, alcune affascinanti altre inquietanti. Tra le più singolari, occupa un posto di rilievo la figura di Priapo.


“Ritiratevi, fate posto al dio! perché egli vuole enorme, retto, turgido, procedere nel mezzo.”

(canto delle falloforie, feste in onore a Dioniso e Priapo)


Priapo è una divinità maschile, simbolo dell’istinto erotico e della potenza generativa maschile: si tratta di una divinità legata ai culti della fertilità e della forza.


Figlio di Afrodite e di Dioniso, Priapo vede nella propria figura l’unione degli attributi divini dei propri genitori: l’eros e la frenesia, l’istintualità e la forza, la fascinazione e l’esaltazione del piacere.


Prima della terribile guerra di Troia, narrata nell’Iliade di Omero, Paride, principe troiano, venne convocato dalle dee dell’Olimpo per decidere chi tra loro fosse la più bella: Paride assegnò la celebre mela d’oro ad Afrodite, suscitando l’ira di Era.

La sposa di Zeus, furiosa, colpì Priapo, a quel tempo nel grembo della madre Afrodite: il piccolo sarebbe nato con una vistosa deformità. Il piccolo Priapo avrebbe avuto enormi organi genitali, considerati dagli antichi fonte stessa della vita.

A questa deformità si sarebbe sommato un aspetto orribile e la scarsa intelligenza. Priapo venne bandito dall’Olimpo per il proprio comportamento animalesco, senza poter mai più fare ritorno. Da allora, egli vaga per il mondo, pretendendo il sacrificio in suo onore, ogni anno, di un asino, simbolo di lussuria.


Rappresentazione di un atto votivo a Priapo
Rappresentazione di un atto votivo a Priapo

Il culto di Priapo ha avuto un grande successo in età ellenistica e romana, in particolare in concomitanza dei riti dionisiaci e orgiastici. I seguaci di Priapo lo invocavano per avere fortuna nei raccolti e in amore: il dio infatti veniva venerato per ottenere fertilità nella vita privata e nelle attività agricole e di allevamento.


“Salve Priapo, Padre fecondo, di orti custode, violatore. Ti invoco, rubizzo, dissipatore, spermatico.

Tu che semini la vita. Defloratore, sgomento di vergini, igneo, fallopodo, fugatore di ladri e di uccelli, signore del fico, magmatico. Vieni a noi, possiedici col calore del tuo fuoco, dacci l’ardore che ti pervade, o comburente.”

(anonimo vaticano)


Per questo, cippi fallici in onore di Priapo venivano eretti come segno per delimitare i campi coltivati.

Il membro di Priapo rappresenta un potente simbolo di fortuna e virilità, utilizzato per combattere le invidie e il malocchio; per questo Priapo è spesso raffigurato all’ingresso delle antiche ville patrizie romane.



Da Priapo prende nome il “priapismo”, una condizione patologica dei corpi cavernosi, responsabile di un’erezione indesiderata e dolorosa.


Gli attributi di Priapo rappresentano, dal punto di vista psicoanalitico, l’esempio dell’effetto drammatico della scissione del godimento dal desiderio: Priapo incarna una pulsione cieca, senza limite e senza particolarità. È come se il dio fosse dominato dalla sua genitalità, senza cura alcuna per l’altro o per l’umanizzazione del suo desiderio.


La figura di Priapo è “idiota” proprio per questa centralità cieca e insensata dalla mera scarica, della sessualità ridotta a questione meccanica e meramente idraulica.

La debilità mentale di Priapo ha proprio a che fare con questa sua destituzione, con il suo essere l’idiota servo della pulsione, il mero strumento della sua spinta erotica senza fine.


L’identità maschile si orienta, consciamente e inconsciamente, sulla “consistenza” fallica del soggetto, che si gioca non sul fronte della prestazione sessuale, bensì del desiderio: il soggetto sa perseguire il proprio desiderio? È abbastanza “potente” da riuscirci?

Il simbolo fallico incarna, fin dall’antichità, la necessità per l’uomo di avere la “forza simbolica” di assumere e farsi carico del proprio desiderio.

Nel complesso di Edipo si gioca, non a caso, la trasmissione simbolica del “titolo” che autorizza il soggetto a giocare la propria partita sul piano del desiderio; il padre infatti, detentore del potere simbolico del fallo, lo concede al figlio, purché rispetti l’interdizione universale dell’incesto: “puoi desiderare chi vuoi, eccetto tua madre”.


Il ridurre il rapporto con la pulsione alla mera scarica è un fallimento nella dialettica del desiderio: il rapporto con l’altro, regolato dal solo godimento, diviene piatto, privo di articolazione e di storia. Il partner ridotto a “mero oggetto” è un fantasma maschile che rifiuta il confronto e l’accoglienza della differenza, incarnata dal femminile.


Il fantasma maschile infatti ricerca il pezzo, terrorizzato dall’intero del femminile, perché da esso teme di venire schiacciato e castrato. L’imposizione virile della forza allora serve a disinnescare la minaccia eviratrice del femminile.


L’evidenza dell’eccitazione maschile e della forza infatti ha spesso, per l’uomo, un effetto concreto di conferma della propria virilità.


La figura mitologica del dio Priapo allora richiama questo tema universale, nella sua forma più grottesca.



Nell’immagine il celebre Priapo ritrovato a Pompei, all’ingresso di una villa patrizia, nell’atto di pesare sulla bilancia il proprio membro.



Per approfondire:

-Anonimo – “Priapea” (carmi latini);

-Richard Payne Knight – “Il culto di Priapo”;

-Vittorio Fincati - “Il santo padre. Storia del culto di Priapo narrata dal nume in persona”.


Il rapporto con il desiderio e il godimento è al centro della clinica psicoanalitica. La centralità del godimento appare spesso una manovra mortifera per evitare il confronto con la perdita insita nel rapporto con il desiderio, fondato sulla mancanza e sul “non tutto”, sull’impossibile soddisfazione integrale del desiderio stesso.


Priapo, in questo senso, è emblema dell’identificazione della virilità con la potenza sessuale: è in gioco un maschile ridotto a fallo, che fa dell’organo il cuore stesso della soggettività.






 
 
 

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