FREUD E IL MAESTRO PARALIZZATO
- riccigianfranco199
- 11 set 2024
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Gli ultimi anni dell’Ottocento e i primi del Novecento furono segnati da una vera e propria epidemia di una malattia psichica che nessuno riusciva a curare: l’isteria. In tutta Europa, erano davvero pochi i medici, veri e propri pionieri, che accettavano di indagare questa patologia; gli altri, la grande maggioranza, accusavano i pazienti di mentire o di esagerare i propri sintomi.
L’isteria si manifestava con numerosi sintomi, diversi caso per caso: in ciascun paziente veniva compromessa la normale funzionalità di un organo, di un apparato o di una parte del corpo. Tutto questo avveniva senza che fosse presente alcuna lesione organica.
Tra i primi ad occuparsi di questa patologia così misteriosa vi furono Jean-Martin Charcot, Pierre Janet e Sigmund Freud. In un’epoca in cui nessuno aveva una teoria precisa a disposizione per spiegare i fenomeni clinici dell’isteria, tutti e tre questi ricercatori cercavano di scoprire l’origine di questo disturbo, attraverso la ricerca e la pratica clinica con i pazienti.
Per Janet la risposta era organica: le pazienti isteriche soffrivano di “insufficienza psichica”, sulla quale poi sorgeva la malattia. Questa insufficienza poi causerebbe l’emergere di contenuti psichici patogeni isolati dalla coscienza (idea che Freud condivide). Per Janet allora la risposta è la “dissociazione”.

Pierre Janet
Per Freud invece alla base dell’isteria vi è la “rimozione”, un meccanismo di difesa inconscio; Freud afferma: “ho mostrato che l’isteria si generi mediante la rimozione di una rappresentazione insopportabile per effetto di una difesa”. La malattia allora sarebbe l’effetto di un processo difensivo.

Sigmund Freud
La mancata scarica di questi contenuti psichici aumenterebbe l’eccitamento all’interno del sistema, vissuto come sofferenza e controllato tramite la rimozione e la divisione dell’apparato psichico in tanti nuclei distinti e fragili.
Sia Janet che Freud sono convinti che questi nuclei non integrati indeboliscano la personalità.
Queste dinamiche, legate, come poi scoprirà Freud, a desideri e fantasie inaccettabili, si convertono in sintomi fisici: il corpo è una sorta di mappa, sulla quale è possibile rintracciare le tracce dei conflitti psichici inconsci.
Ne è esempio uno dei primi casi clinici di Freud, un giovane Maestro d’orchestra che, all’esordio della sua carriera, sperimenta una grave paralisi al braccio dominante, fondamentale per reggere la bacchetta e guidare l’orchestra durante i concerti.
Bruno Walter si recò da Freud nel 1904. Assunto all’Opera di Vienna, era un allievo di Gustav Mahler. I feroci attacchi della stampa, diretti a Mahler, colpirono profondamente Bruno Walter.
Lo studio costante e la grande dedizione fruttarono a Walter il plauso della critica, dopo anni di critiche (favorite dalla distrazione di Mahler, assorbito dalle proprie difficoltà personali).
Tuttavia, l’aggressività mobilitata per superare le difficoltà si convertì rapidamente in un’inibizione nevrotica a dirigere, interpretato come un classico sintomo di conversione isterica.
Già alla prima seduta, Freud mostrò un piglio deciso con Walter, invitandolo a partire la sera stessa per la Sicilia. L’impatto emotivo di questo incontro (al quale seguirono solo altre cinque o sei sedute) lasciò in Bruno Walter un vivido ricordo.

Bruno Walter nel 1912
Si tratta di un caso nel quale Freud utilizzò l’effetto suggestivo del transfert e della propria personalità per spingere il paziente fuori dalle sabbie mobili della nevrosi.
Ricorda Bruno Walter, intervistato oltre 50 anni dopo quelle sedute:
“Mi sottoposi a tutti i tipi possibili di trattamento, dai fanghi al magnetismo, e alla fine decisi di andare dal professor Sigmund Freud, rassegnato ad affrontare mesi di ricerca sull'anima.
La visita prese un andamento che non avevo previsto. Invece di farmi delle domande riguardo le mie aberrazioni sessuali nell'infanzia, come mi sarei aspettato nella mia ignoranza di profano, Freud mi esaminò brevemente il braccio. Gli raccontai la mia storia, sicuro che sarebbe stato professionalmente interessato a una possibile connessione tra il mio reale disturbo fisico e il torto che avevo subito più di un anno prima.
Invece mi chiese se ero stato in Sicilia. Quando gli risposi di no, mi disse che era molto bella e interessante, più greca della vera Grecia.
In breve, dovevo partire quella sera stessa, dimenticare tutto ciò che riguardava il mio braccio e il Teatro dell'Opera, e per qualche settimana non fare altro che usare gli occhi.
Feci come mi era stato detto. (…) Ogni giorno mi arrampicavo su una roccia per esporre al sole il braccio sofferente, ma invano. Quando ritornai a Vienna riversai su Freud i miei problemi. Il suo il suo consiglio fu di tornare a dirigere.
BW: “Ma non posso muovere il braccio.”
Freud: “Ci provi comunque.”
BW: “E se mi dovessi fermare?”
Freud: “Lei non dovrà fermarsi.”
BW: “Posso assumermi la responsabilità di un'eventuale interruzione dell'esecuzione?”
Freud: “La responsabilità me la prendo io.”
E così mi accinsi a dirigere prima con il braccio destro poi con il sinistro ogni tanto con la testa. C'erano dei momenti in cui la musica mi faceva dimenticare il braccio. Alla mia successiva seduta con Freud notai che egli attribuiva una particolare importanza al fatto che mi dimenticassi del braccio…
Così, con grande fatica e molta fiducia, e a forza di imparare e di dimenticare, alla fine riuscì a ricongiungermi completamente alla mia professione. Solo allora mi resi conto che, se non altro nei miei pensieri, nelle settimane precedenti l'avevo già abbandonata.”
Il braccio paralizzato del paziente di Freud mostra come sul corpo, menomato nella sua funzione, emerga il conflitto inconscio che si combatte dentro il paziente; si tratta dello scontro tra la volontà di affermarsi, essere riconosciuto ed apprezzato dal proprio Maestro, e il desiderio inconscio: fare il musicista e il compositore a modo proprio, allontanandosi dalle aspettative di Mahler.
Dentro l’animo del giovane musicista si scontrano quindi spinte diverse: l’amore per il padre simbolico, il senso di colpa per non divenire il musicista che Mahler si aspettava e il proprio desiderio soggettivo rimosso.
Il braccio diviene simbolo enigmatico del conflitto: un rebus che mostra come la scissione della psiche si traduca in una parte del corpo che non risponde più ai comandi della coscienza, divenendo simbolo del desiderio rimosso che si oppone alla volontà dell’Io.
I gesti vorticosi del Maestro durante il concerto assumono molteplici significati inconsci: di lotta, di affermazione virile, di dominio e superamento, passioni dell’Io tuttavia in contrasto con il desiderio inconscio, quello di realizzarsi altrove, lontano dall’influenza di Mahler. Il sintomo dell’inibizione mostra questo: il braccio paralizzato di Bruno Walter sembra opporsi alla possibilità di eseguire in modo efficace il lavoro che l’Altro vuole da lui.

Bruno Walter negli anni della piena maturità,
interprete del proprio Maestro, Mahler.
Il trattamento di Freud ha quindi due obiettivi fondamentali: da una parte portare alla coscienza (lavorando contro la rimozione) i pensieri e i desideri isolati o rimossi, in seguito permettere al paziente di integrarli nel proprio discorso, così da renderli parte della personalità.
Una volta svolto questo compito, le pulsioni potranno essere orientate verso un fine più alto e meno conflittuale, attraverso la loro sublimazione. Non a caso, la conclusione del trattamento giunge con l’emergere del vero desiderio di Bruno Walter: realizzarsi con un proprio stile, diverso da quello del Maestro che lo ha a lungo protetto e favorito.
Per approfondire:
-Pierre Janet – Trauma, coscienza e personalità;
-Eagle – Da Freud alla psicoanalisi contemporanea;
-Craparo – Riscoprire Pierre Janet.

Nell'articolo del 1904, intitolato "Psicoterapia", Freud ribadisce, in una fase di vivace ricerca e di definizione della teoria e della tecnica psicoanalitica, l'importanza della personalità del terapeuta come fattore all'interno della cura.
Il carisma del terapeuta può essere uno degli strumenti a disposizione per suscitare il transfert positivo del paziente, vera e propria leva per lavorare sulla nevrosi e procedere nella direzione della cura.
Qui abbiamo un esempio dello stile di Freud, distante dal prototipo dell'analista neutrale, freddo e distante. Quello di Freud appare un vero e proprio atto, che lo pone nella posizione di supportare il desiderio inconscio del paziente, anche davanti al rischio della caduta e del fallimento.
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