DIOGENE IL CINICO
- riccigianfranco199
- 22 gen
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“Gli altri cani mordono i loro nemici, io mordo i miei amici per salvarli”
(Diogene di Sinope)
La figura del filosofo antico Diogene di Sinope è tra le più affascinanti e controverse del pensiero antico. Dopo alcune vicende truffaldine e rocambolesche, giunge ad Atene e diviene allievo del filosofo socratico Antistene.
Antistene era noto per i suoi costumi umili ed austeri e per la violenta polemica che lo contrappose a Platone. Diogene venne inizialmente rifiutato e allontanato da Antistene, per poi essere accolto come allievo, nonostante i continui maltrattamenti, per la sua insuperabile ostinazione.
Insieme, Diogene ed Antistene diedero vita alla “filosofia cinica”: il nome della loro corrente di pensiero deriva probabilmente dagli insulti che ricevevano dagli abitanti di Atene, per i loro modi rudi, la scelta di vivere per strada e il rifiuto caparbio di aderire ai riti e ai costumi tradizionali della Città.

La filosofia cinica si pone in polemica con i grandi sistemi di pensiero, la religione e le “grandi illusioni” che impedirebbero all’uomo di accedere alla felicità e la libertà.
Benché non esiste un vero e proprio sistema filosofico codificato, i pensatori come Diogene affermavano la necessità di praticare una vita austera e autonoma, coltivando l’eudaimonia e la lucidità del pensiero.
La follia, per i cinici, e l’infelicità avrebbero origine nella sottomissione ai valori morali imposti dalla tradizione e dalla società; per questo, la virtù per il filosofo cinico consisteva nel trovare il proprio personale equilibrio con il daímon e con la natura.
Particolarmente celebre è divenuta la “parresia” dei filosofi cinici in generale e di Diogene in particolare: questi filosofi non temevano di esprimere con grande libertà e franchezza il loro pensiero, al costo di apparire scorbutici.
Plutarco nelle “Vite parallele” ricorda un aneddoto che riguarda il Re dei Macedoni Alessandro il Grande e Diogene:
«[Alessandro] si fece appresso a Diogene, andandosi a mettere tra lui e il sole. “Io sono Alessandro, il gran re”, disse. E a sua volta Diogene: “Ed io sono Diogene, il cane”. Alessandro rimase stupito e chiese perché si dicesse cane. Diogene gli rispose: “Mi dico cane perché faccio le feste a chi mi dà qualcosa, abbaio contro chi non dà niente e mordo le canaglie.”»

Si racconta che il sovrano macedone fosse rimasto così colpito dalla figura del filosofo da affermare: “se non fossi Alessandro, io vorrei essere Diogene”.
Cercando la risposta ai suoi interrogati filosofici sulla natura umana, Diogene era solito passeggiare con una torcia; interrogato, disse: “Cerco l’uomo!”. Commentando questo episodio, il filosofo Giovanni Reale afferma che:
“...[Diogene] voleva significare appunto questo: cerco l'uomo che vive secondo la sua più autentica natura, cerco l'uomo che, al di là di tutte le esteriorità, le convenzioni o le regole imposte dalla società e al di là dello stesso capriccio della sorte e della fortuna, ritrova la sua genuina natura, vive conformemente a essa e così è felice.”
Il concetto di “cinismo” è sopravvissuto a Diogene e alla sua scuola; oggi tuttavia il termine “cinismo”, lungi dall’indicare in prima battuta una filosofia, è piuttosto utilizzato in senso dispregiativo per descrivere coloro che, con atteggiamento maligno e manipolatorio, ingannano gli altri e utilizzano le convenzioni e le regole a proprio vantaggio, in modo freddo, distaccato e senza scrupoli.

Per questo, il filosofo tedesco Sloterdijk nel libro “Critica della ragion cinica” distingue tra “cinismo” e “kinismo”: nel primo caso abbiamo il cinico di oggi, calcolatore e disonesto; nella seconda versione invece il filosofo antico, che rifiuta legami e convenzioni in virtù di una scelta ponderata ed etica, basando la propria vita solo sul rapporto con la natura e il proprio daímon.
“Diogene nella sua botte”, di Jean-Léon Gérôme
Per approfondire:
-Diogene Laerzio – “Vite e dottrine dei filosofi illustri”;
-Peter Sloterdijk - “Critica della ragion cinica”;
-Michel Onfray – “Cinismo. Guida per un’etica ludica”.
Diogene “si serviva indifferentemente di ogni luogo per ogni uso, per far colazione, o per dormirci, o per conversare”.
Il rifiuto radicale delle convenzionali sociali del suo tempo spinse Diogene a vivere in una botte, chiedere l’elemosina, mangiare per strada e masturbarsi in pubblico, tanto che pare dicesse: “magari potessi placare la fame stropicciandomi il ventre!”.
Il pensiero di Diogene va contestualizzato in un’epoca di progressivo declino della dimensione politica e del mondo greco; il trionfo macedone e l’inizio dell’età ellenistica segnarono il passaggio delle poleis da “centro del mondo” a periferia del mondo ellenistico, dominato dai regni nati dalla fine dell’impero di Alessandro.
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