ACHILLE, LA TARTARUGA E LACAN
- riccigianfranco199
- 11 dic 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Il filosofo Zenone di Elea, allievo di Parmenide e formatosi presso la Scuola di Elea, era celebre per i suoi argomenti in difesa delle teorie del suo Maestro. Parmenide era convinto della sostanziale natura “apparente” e illusoria del moto.
Il paradosso di Zenone noto come “paradosso di Achille e della tartaruga” è di gran lunga quello più noto e famoso, tramandatoci da Aristotele, nel Libro intitolato “Fisica”.
Aristotele scrive: “nel momento in cui il concorrente più veloce parte dopo il concorrente più lento nella corsa, quest’ultimo non sarà mai raggiunto dal più veloce perché l’inseguitore prima sarebbe costretto a raggiungere il luogo da cui quello che fugge ha preso le mosse, e intanto, di necessità, il più lento sarà sempre un po’ più avanti”.

Anche lo scrittore argentino Borges ha riflettuto su questo paradosso, che, come qualsiasi “dimostrazione per assurdo”, ha in sé un nucleo assolutamente contraddittorio e lontano dall’esperienza comune. Tra i tentativi di confutare questo paradosso, il più celebre è quello del filosofo Diogene, il cinico, il quale, in silenzio, si limitò ad alzarsi e a camminare, affermando così la natura “non illusoria” del movimento.
Anche le scienze matematiche hanno affrontato il paradosso di Zenone, confutandolo dal punto di vista geometrico.
Tuttavia, il paradosso di Zenone ci è utile come chiaro esempio di un aforisma di Lacan: “non c’è rapporto sessuale”.
Con questa affermazione paradossale, Lacan intendeva sottolineare la natura illusoria del nucleo di ogni relazione d’amore: l’impossibilità che il “due” diventi “uno”.
Come nel paradosso di Zenone, ogni sforzo degli amanti per fondersi, per divenire “una cosa sola” l’uno con l’altro è destinato a fallire.
L’esperienza psichica infatti è vincolata al corpo come agente ma anche come limite: è impossibile sentire quanto l’altro sente. Nonostante l’inflazione del concetto di “empatia”, divenuto oramai parte del gergo comune, o delle scoperte neuroscientifiche legate ai neuroni “specchio”, è impossibile sentire il vissuto psichico dell’altro.
Per Lacan, questa forma di alienazione fondamentale è effetto del linguaggio sull’uomo: per effetto del linguaggio e dell’impossibile legame univoco tra parola e senso, vi è un’ambiguità insuperabile che caratterizza i rapporti umani, che invece di fondarsi sulla comprensione si fonderebbero piuttosto sull’equivoco.

Piuttosto, Lacan osserva come l’illusione di fare “Uno” dell’amore è il punto sul quale Freud fondava la continuità tra amore e psicosi: è proprio nella psicosi che osserviamo il venire meno dei confini tra sé e altro, con l’irruzione paranoide del pensiero e i processi proiettivi più violenti.
Ogni esperienza umana sarebbe allora segnata da una dimensione di unicità che da una parte valorizza l’individuo e la sua esistenza, ma dall’altro lo condanna ad una solitudine che solo in parte il legame sociale permette di supplire.
Come nel paradosso di Zenone, così come Achille non potrà mai raggiungere la tartaruga, così gli amanti non potranno mai coronare il loro sogno di divenire una cosa sola l’uno con l’altra.
Per approfondire:
-Aristotele – “Fisica”;
-Jacques Lacan – “Il Seminario, Libro XX, Ancora”;
-Massimo Recalcati – “Esiste il rapporto sessuale?”
L'empatia costituisce uno dei pilastri dello "psicologismo" del nostro tempo: tuttavia, piuttosto che un meccanismo di comprensione, pare essere in gioco l'imposizione sul soggetto del discorso dell'Altro.
"Io so quello che provi" costituisce solo apparentemente una comunicazione di vicinanza; piuttosto è in gioco un radicale riduzionismo dell'esperienza.
Davanti ad un "pieno di imposto sapere", è a partire proprio dal non sapere che è possibile far emergere la verità del soggetto.
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